Con la Premiazione di sabato 18 febbraio è terminata anche la 67. Edizione del Festival di Berlino. La Berlinale si conferma anche quest’anno come il più grande Festival cinematografico per il pubblico: negli undici giorni della rassegna sono stati venduti ben 334.471 biglietti. Anche l’European Film Market con i suoi 9.550 visitatori da 108 paesi diversi divisi in ben 192 stand è cresciuto significativamente. Un successo insomma. E sono già state rese pubbliche le date dell’anno prossimo: la 68. Edizione della Berlinale avrà luogo dal 15 al 25 febbraio 2018. Ma al di là dei numeri mi ha sempre interessato quello che accade dietro le quinte dei Festival, dietro i film in concorso e le star in passerella. Per questo verso la fine del Festival sono stata felice di intervistare una giovane regista italiana che ha partecipato alla rassegna Berlinale Talents.
Incontro Cristina Picchi nel cinema Hau2 a Kreuzberg, non lontano da Potsdamer Platz, sulla Hallesches Ufer, una strada che costeggia uno dei tanti canali di Berlino, una lunga arteria parecchio trafficata che cambia nome a seconda del quartiere che tocca e che collega il Tiergarten nella City West al quartiere di Friedrichshain ad est dopo aver attraversato il famoso ponte Oberbaumbrücke. La sala Hau2 è affollata. È qui infatti che risiede il quartier generale della rassegna Berlinale Talents, organizzata ogni anno all’interno del Festival. Cristina è una dei sei giovani talenti italiani selezionati e invitati alla Berlinale 2017. Ci sediamo nel bar della Hau2 lì vicino. Abbiamo poco tempo entrambe. Essere riuscite a trovare una mezzora al di fuori dei nostri impegni non è stata un’impresa semplice. Per lei era l’ultimo giorno di Berlinale; io ancora di corsa tra una proiezione e l’altra cercando di non perdermi gli ultimi film in concorso. Ma finalmente ce l’abbiamo fatta.
– Allora Cristina, parlami di te. Dove sei nata, dove ti sei formata e perché hai deciso di diventare regista?
Io sono nata a Lucca. Ho studiato Letterature Europee all’Università di Pisa. In realtà ho cominciato a fare cinema all’estero, a Londra, dove ho seguito un Master di Documentario Cinematografico alla Goldsmith. Sono rimasta a Londra per diversi anni e già durante il Master ho realizzato dei lavori, di cui uno per la National Portrait Gallery. Poi ho iniziato a muovermi, a mandare candidature a dei bandi. Sono andata in Russia e lì ho girato il mio primo cortometraggio: “Zima”. Siamo saliti sulla Transiberiana, partendo da Mosca fino al lago Baikal in Siberia e ritorno, e durante il viaggio abbiamo girato e montato in treno. “Zima” è stato presentato a Locarno dove ha vinto il Pardino d’Argento, e ha ottenuto una nomination all’European Film Awards, per iniziare poi una fortunata serie di proiezioni in quasi 200 festival.
– E invece parlami del tuo secondo cortometraggio, “Champ des Possibles” del 2015.
“Champ des Possibles” è nato durante una residenza dello European Media Art Network, per cui ero stata selezionata. È un’unione di diversi istituti, di Centri d’ Arte da tutta Europa. Ogni due anni selezionano cinque sei artisti all’interno dell’Unione Europea e altrettanti da una nazione extra europea per creare delle opere che confluiscono in seguito in una mostra collettiva. Infatti nel 2015 venne organizzata una mostra qui in Germania, ad Halle. Le riprese di “Champ des Possibles” hanno avuto luogo durante questa residenza a Montreal, in Canada. Il progetto poi si è sviluppato con una coproduzione svedese. Lo abbiamo presentato a Venezia nel 2015 e in altri quaranta Festival in giro per il mondo.
– Complimenti! E tu dove vivi adesso?
Beh, una domanda difficile… Ho trascorso gli ultimi anni a Londra, ma ultimamente trascorro più tempo in Italia che in Inghilterra.
– Come sei arrivata al Berlinale Talents? Come sei stata invitata?
Ho fatto domanda. Ho mandato il curriculum, il mio materiale. C’è un application on line e una giuria che seleziona.
– A me interessa capire quello che accade dietro le quinte della Berlinale. Studiandomi le diverse sezioni del Festival ho visto che, al di là delle star internazionali, dei film in Concorso, esiste una realtà più nascosta ma importantissima fatta di scambi, di contatti, di coproduzioni. Una realtà che mi interessa molto, perché poi è così che nascono i progetti futuri. Quindi chiedo a te: qual è lo scopo della rassegna Berlinale Talents?
Ha molteplici scopi. Fondamentalmente connettere, dare la possibilità alle diverse figure professionali emergenti che lavorano nel cinema di incontrarsi, mettere in comunicazione i protagonisti del cinema di domani. È un ambiente molto stimolante. Vi sono proiezioni, incontri e si ricevono una quantità enorme di informazioni a 360 gradi. Per alcune maestranze ci sono anche dei laboratori veri e propri, ad esempio per i montatori. E non è una rassegna solo per registi, non è chiusa all’interno di un settore, ma pone in contatto tutte le professionalità che operano in questo ambiente.
– Ho visto. Vi sono compositori, montatori, sceneggiatori, produttori…
Esatto. Non è un market, in cui si va perché si cerca un qualcosa di preciso per un determinato progetto. Fondamentalmente è un’esperienza formativa e di networking.
– Oggi è il tuo ultimo giorno qui al Berlinale Talents. Un bilancio?
È sicuramente molto impegnativo e i ritmi sono serrati. Però mi dispiace partire. Ho la sensazione che ci siano ancora tante persone che avrei voluto incontrare ma che non è stato possibile vedere a causa di orari che non combaciano. Quindi dal punto di vista umano e professionale mi piacerebbe avere ancora qualche giorno. Invece dal punto di vista di informazioni acquisite, di cose fatte, ho l’impressione di aver ricevuto tantissimo. Ora ho bisogno di una pausa per elaborare tutto quello che ho vissuto in questa settimana. Comunque un’esperienza molto preziosa.
– I tuoi prossimi progetti se posso chiedertelo? Cosa hai in preparazione?
Ho in progetto il mio primo cortometraggio di fiction, che va girato in inverno però, quindi lo realizzerò probabilmente il prossimo inverno. Inoltre girerò un corto a Cuba, dove condurrò un Workshop. E poi un lungometraggio documentario, che è ancora in una fase iniziale di preparazione. Ci vorrà del tempo, in quanto è un progetto ambizioso, girato in tre continenti diversi.
– Parlami del tuo stile. I tuoi documentari mi hanno colpito perché sono particolari.
La mia è una ricerca che parte dal documentario e va in una direzione interpretativa sperimentale, che si avvicina a quella che è la Video Arte. Il mio girato è tutto documentario: le immagini, i suoni vengono tutti dal reale. Poi nel montaggio però cerco di creare connessioni particolari tra gli elementi con modalità non necessariamente legate ad un’oggettività documentaria, connessioni che evocano sentimenti, emozioni. Gli spazi diventano luoghi in cui si esprimono determinate sensazioni.
– E tu come crei queste evocazioni? Intervieni tu tecnicamente in postproduzione?
Sì, In fase di montaggio. Io mi occupo personalmente del montaggio dei miei film. La struttura finale del film la creo io.
– Grazie Cristina, e in bocca al lupo!
Ci salutiamo. Io mi precipito a piedi a Potsdamer Platz per non perdermi una delle ultime proiezioni stampa, Cristina se ne torna al suo serratissimo programma da Berlinale Talent. Perché se c`è una cosa che ho imparato… è che alla Berlinale si corre tutto il tempo.
Autore: Barbara Ricci