In quasi tre anni di permanenza in terra straniera, in quello che chiamano “il paese delle opportunità”, ho avuto appunto l’opportunità di approfondire la conoscenza di questo funzionante, seppur non perfetto, sistema e così capire, di riflesso, tanti aspetti della mia terra d’origine che mi erano ancora del tutto sconosciuti.
All’origine di tale processo c’è stata l’usanza molto tedesca del “Condividere”.
Mi spiego meglio. Di fronte alla mia prima casa, qui a Berlino, c’era una specie di bugigattolo, quasi una casina di legno senza porta, sulla cui cima si leggeva “Sharing is Caring”; davvero perplessa, mi accinsi a guardare meglio e notai al suo interno, divisi in settori e scompartimenti, articoli di tutti i generi: libri di tutte le forme e colori, vestiti, scarpe, piccoli complementi d’arredo, uno specchio grande e un comodino. Quasi tutti in buono/ottimo stato. Questa immagine è rimasta davvero indelebile nella mia mente, tanto da diventare argomento di discussione con l’unico amico tedesco che allora avevo in biblioteca. Ebbene, il mio amico mi spiegò che quella era un’usanza molto diffusa. Persone che si rendono conto di non aver più bisogno di “cose” e che decidono di offrirle al prossimo in cambio qualcosa? No, di nulla, se non della opportunità di poter, magari, in caso di bisogno, trovar qualcosa essi stessi.
La notizia mi rese felice, pensai che un mondo migliore fosse ancora possibile. Pensai che alla fine donare senza pretendere nulla in cambio, per la pura voglia di poter e voler aiutare qualcun’altro, più o meno bisognoso, ci rendeva, a priori, delle persone più belle, degli esseri umani più umani, e soprattutto degni di questo appellativo.
La scoperta è poi continuata; non solo distribuiti in questa città ci sono i soprannominati bugigattoli, ma sull’amatissimo social network Facebook, esistono svariati gruppi che operano seguendo lo stesso principio. Tra tutti ne spicca uno che conta ben 75.131 iscritti (in continua espansione) ed è intitolato “Free your stuff Berlin”, nello stesso tutti membri, previa lettura del regolamento, possono inserire il proprio annuncio, recante nell’intestazione: GIVE= per coloro che vogliono donare qualcosa, NEED= per coloro che richiedono qualcosa, nell’eventualità che qualcuno potesse avere proprio quella determinata cosa magari dimenticata nel proprio sgabuzzino, ed essere felice di donarla per donargli nuova vita. Ho visto cucine intere, frigoriferi, tonnellate di vestiti, scarpe, profumi, lampade, carrozzine, tazze, stampelle, tavoli, armadi, piante, torte, televisori, smartphone, computer, in regalo. Attenzione! Esclusivamente in regalo! Il lavoro instancabile degli amministratori fa si che nessun furbetto avanzi richieste di denaro. Per giunta tutti gli articoli non sono mai in pessime condizioni, non si tratta mai di roba di scarto.
Ora, immaginiamo un tale esperimento in Italia.
La domanda principale di un italiano medio sarebbe: “Ma perché regalarlo se posso venderlo e guadagnarci?”, domanda del tutto legittima, dato il ragionamento: io l’ho pagato, voglio ricavarci qualcosa. Oppure, “Donarlo!? No, meglio tenerlo e poi magari chissà in futuro potrà servire di nuovo.”
Sarebbe tutto un essere scettico dell’altro, una paura di fregatura.
L’ideale italiano di “prossimo”, nonostante le prediche della religione cattolica, cancro del paese, ma ragionevole nella concezione del dare senza dover per forza ricevere, è pari ad “avarizia” e ad un voler proteggere la propria situazione, e che vada all’inferno tutto il resto del mondo.
Al che ognuno di voi lettori adesso penserà: “Beh, parla per te! io sono una persona generosa, lo farei”. Ebbene sappiate, che togliendone l’1%, il quale davvero sarebbe sincero in questa affermazione, 99 mentono spudoratamente. Perché se ci puoi guadagnare, anche un paio d’euro, non lo regali. Piuttosto lo tieni a casa inutilizzato.
Ripeto, il ragionamento è pienamente consequenziale, giusto e nei regimi della logica, ma la logica del mondo e delle relazioni tra esseri umani fallisce miseramente. Non è una scienza matematica, non è un’equazione, bensì dovrebbe essere proprio come quella scritta sul bugigattolo berlinese: “Sharing is caring”. Dove tu non puoi arrivare da solo per una qualche motivazione, ti ci aiuto io ad arrivare. Non sei da solo. Non è una questione di Karma nemmeno, è un semplice volersi bene e sentirsi parte di una comunità.
Mi sono chiesta allora la causa di questa diversa attitudine, di questo atteggiamento così povero da parte degli italiani quale potesse essere. La risposta l’ho trovata in quello che accomuna tutto il popolo italiano e che riassumerei in 2 sentimenti: l’essere perennemente insoddisfatti e il provare gelosia sempre e comunque per tutto e tutti.
Del resto, in un paese dove ogni cittadino non è tutelato dalla legge, bensì sfruttato.
Dove se ti accade un qualcosa di brutto, forse te la sei cercata.
Dove se qualcuno ti regala qualcosa, è per poi fregarti il doppio dopo.
Dove la parola diritto è uguale a dovere.
Dove il lavoro non ripaga.
Dove il lavoro non esiste, ma può esistere pagando belle cifre a chi di dovere.
Dove il politico è colui che ruba ai poveri per dare a se stesso e ai suoi compagni di merende.
Dove la parola tutela, è una tuta+la
Insomma, in un paese che continua a togliere, che è perdita in tutti i casi, l’italiano medio è un essere spezzato a metà, un represso oppresso rannicchiato nella sua tana con i suoi 4 stracci, impaurito e minacciato da tutto e da tutti; con la costante ansia che la sua situazione possa peggiorare.
Per poter donare bisogna essere pieni e non spezzati, e non è una giustificazione, bensì una constatazione.
Chi non avverte questo senso di pienezza non potrà mai far parte di questo sistema di condivisione, e questa è una cosa purtroppo radicata nel DNA, chiamiamolo cromosoma IT, uno caratteristico della nostra nazione. L’italiano medio è insoddisfatto, lamentoso, geloso e diffidente. Siamo il frutto di un sistema malato che sforna figli malati. Siamo tutti gelosi di chi fa meglio, di chi è più ricco, più bravo, più forte, perché noi sappiamo quanto sia difficile arrivare ad un certo livello. Uno su mille ce la fa. Siamo alla continua ricerca di una autoidentificazione e autoaffermazione, che tarda ad arrivare per la smania di non poterci mai accontentare, perché accontentarsi significa fare la fame o essere “Bamboccione”.
Siamo un popolo che brama e che inventa per non morire, abbiamo menti ingegnose perché questa è la nostra ancora di salvezza, l’unico arpione che ci tiene collegati all’Europa e al mondo.
E allora in Italia un sistema di “Sharing is Caring”, con la stessa impostazione tedesca, non funzionerà mai, fin quando non saranno PRODOTTI CITTADINI PIENI, pieni dei propri diritti e doveri, protetti dalle frodi, dai malviventi e malintenzionati, tutelati (senza tuta), e incoraggiati a produrre non solo per se stessi ma per la comunità.
Un popolo a metà
Politici a metà
Una terra a metà
Hanno vita breve: una vita a metà
Cambiare è possibile! Bisogna solo volerlo..
Autore: Alessandra Rago