Psichiatra infantile vs Kinderpsychologe: perché all’estero non ci sono pregiudizi sulla figura dello psicologo e dello psichiatra anche per questioni e problematiche ordinarie, mentre in Italia siamo ancora ostici a riguardo?
Facciamo un breve excursus su queste figure:
La neuropsichiatria infantile è una disciplina medica specialistica che si occupa delle problematiche relative allo stato di salute psicologico e fisico dell’infanzia e dell’adolescenza, in un’età compresa tra i 0 e i 18 anni. I primi studi relativi alle patologie psichiatriche e neurologiche nell’infanzia e alla necessità di intervento mirato e globale risalgono all’Ottocento, ma in Italia è solo nel 1930 a Genova che fu aperto il primo reparto di neuropsichiatria infantile.
Il neuropsichiatria infantile è un medico specialista che cura le patologie d’organo del sistema nervoso e i disagi mentali dei bambini e adolescenti fino ai 16 – 18 anni. Competenze specifiche del neuropsichiatra infantile sono ad esempio le convulsioni infantili, l’epilessia, ma anche l’autismo, le psicosi, le nevrosi.
Spesso abbiamo parlato di come la visione dello psicologo o dello psichiatra all’estero sia differente a seconda del contesto culturale:
Si passa da una visione paradossale americana in cui lo psicologo viene utilizzato per qualsiasi disagio di coppia e del singolo ma anche del bambino e dell’adolescente solo per semplici consulenze o decisioni di vita fino alla visione italiana dove andare dallo psicologo è, nel 2017, solo per “pazzi”.
In particolare vorrei trattare il discorso infantile perché ho avuto a che fare, in diverse occasioni, con la consulenza per minori, soprattutto per quello che riguarda i disturbi di attenzione e iperattività, e nel corso della mia pratica lavorativa ho potuto notare la grande differenza della domanda qui a Berlino rispetto a quando lavoravo in Italia. Più della metà dei pazienti che si rivolgono qui al terapeuta, lo fa per parlare del proprio mondo interno, per affrontare il cambiamento, per imparare a gestire la quotidianità senza lamentare un problema invalidante o grave.
Facciamo un esempio chiarificatore:
Intervisto Carla, madre di due bambine di 7 e 10 anni entrambe in cura presso uno psicologo bilingue qui a Berlino.
Carla è un’infermiera di 50 anni, da una decina di anni qui a Berlino. Trasferita per necessità lavorativa del marito con le due figlie Monica e Martina.
-“Perché si è rivolta a uno psichiatra per le sue figlie?”
-“Mi sono rivolta a uno psichiatra (e terapeuta) perché entrambe le mie figlie lamentavano problemi differenti ma abbastanza importanti:
La più piccola aveva un tic continuo (faceva rumori con il naso, si toccava costantemente parti del corpo e aveva chiari tic degli occhi) era molto irrequieta tanto che anche i professori mi avevano contattato per questo problema con gli altri bambini, come se si comportasse in modo isterico: schiamazzi, urli, diceva sempre di no (la cultura tedesca è molto più stretta e riservata su questo genere di problemi rispetto alla nostra mediterranea, questo è anche causa di un maggior numero di segnalazioni di casi a scuola).
L’altra figlia quella maggiore invece tutto l’opposto: un senso di forte insicurezza e disagio. Addirittura una volta ci disse che aveva pensato di togliersi la vita perché percepiva che gli altri erano migliori di lei, di non essere all’altezza dei compiti che la vita e la scuola le chiedevano perché se avesse fallito non sarebbe andato bene per se stessa e la sua vita”
-“A cosa pensa sia dovuto questo disagio ?”
-“Senz’altro una delle possibili cause è stata la mia progressiva depressione, sottovalutata da tutta la famiglia per circa un anno. Pensavamo fosse meteoropatia oppure un effetto transitorio del cambiamento portato dal trasferimento, o la stanchezza accumulata… Questo mi portava ad essere molto apatica nel contesto familiare sia con loro che con mio marito.”
Ci siamo rivolti a uno psichiatra anche io e mio marito: per noi, oltre che per le figlie; lo abbiamo preferito allo psicologo sul momento perché sapevamo che mi sarebbe servito un trattamento anche farmacologico e così è stato nonostante inizialmente fossi ostile.
Parallelamente abbiamo intrapreso un percorso di coppia per i momenti difficili che ci siamo trovati a dover superare, e anche questo ci ha aiutato molto.
Sia io che mio marito venivamo da due contesti familiari difficili e sicuramente questo, unito alla nostra condizione di quasi completo assorbimento nel lavoro, ha creato disagio anche in loro.
La cura farmacologica è riuscita perfettamente, già da pochi mesi dopo, associata anche a un percorso terapeutico ancora in atto sono riuscita a sconfiggere le mie problematiche e la depressione stessa, con un percorso totale di 2 anni.”
-“Per ciò che riguarda loro invece?”
-“Dopo i primi colloqui di consulenza le bambine hanno iniziato il loro percorso ognuna da uno psicologo differente. Il lavoro terapeutico si svolgeva attraverso giochi e situazioni nelle quali le bambine potevano esprimersi e parlare con loro delle problematiche. Dopo i primi mesi i risultati erano tangibili nella quotidianità. Ogni 4 incontri con i bambini ne seguiva uno con noi, per fare il punto della situazione.”
-“Come pensa che abbia influito la lontananza da casa?”
-“ la mancanza di nonni, zii e cuginetti ha influenzato sicuramente il percorso delle mie figlie. Quando si dice che la famiglia è centrale nel percorso di crescita dei bambini si dice una grande verità. Io e mio marito eravamo completamente assorbiti dalle nostre carriere e dai documenti per il trasferimento, loro non avevano modo di relazionarsi con la famiglia così lontana e il terapeuta ci consigliò immediatamente di alternarci ai nostri compiti per essere più presenti con loro.
Fossimo stati ancora in Italia sicuramente il sostegno dei nonni avrebbe avvantaggiato la comunicazione e il senso di unione familiare”.
-“Quali pensa siano le differenze se tutto ciò fosse avvenuto in Italia?”
-“ In Italia un percorso psicologico del genere, completo a 360 gradi sul nucleo familiare non sarebbe stato sostenibile economicamente da una famiglia media: qui lo stato tedesco, grazie al sistema dell’assicurazione sanitaria, ci ha permesso di intraprenderlo, e sicuramente ci ha salvato.
In Italia è difficile che una coppia frequenti una terapia, che una bambina come Martina venga inviata a uno specialista “solo” per problemi di insicurezza, o in quello di Monica “solo” per un iperattività. Non è raro sentire genitori o insegnanti che hanno pregiudizi sullo psichiatra/ psicologo e su i bambini che ci vanno, se non altro per il semplice pregiudizio. Qui è una condizione completamente normale, come se affetto dal mal di orecchie andassi dall’otorino”.
Non ci resta che sperare in grandi cambiamenti della mentalità italiana in ambito psicologico e psichiatrico soprattutto per quello che riguarda la fascia dell’infanzia/prima adolescenza proprio perché la più ricettiva e predittiva del comportamento futuro
Autore: Lucrezia Butera