Poetry Slam, o di una nuova vita per la poesia

Poetry Slam, o di una nuova vita per la poesia
Photo Credit To Y3LLOWmedia

Parlando di poesia contemporanea, il capitolo sull’assenza di lettori è un grande classico.

Si sa: una comunicazione priva di destinatario è una comunicazione sterile, morta, inutile. Così, se la poesia del passato rimane un grande e celebrato serbatoio di bellezza,  la produzione attuale rischia di restare imprigionata nel privato.

Sabato sera in un bar di Kreuzberg.

L’evento è fissato alle 19:30, ma la gente comincia ad arrivare almeno quarantacinque minuti prima. All’inizio nemmeno pensi siano lì per quello: prendono un bicchiere di vino e si siedono al sole a chiacchierare. Una coppia di giovanissimi innamorati dalle facce pulite, un paio di famiglie con figli adolescenti, qualche signora anziana, molti sono soli, tutti sono tranquilli. Si percepisce una certa attesa.

Prima che il moderatore prenda il microfono in mano, la saletta del locale è già strapiena, tutte le sedie sono occupate e la gente in piedi non riesce nemmeno più ad entrare. Qualcuno arriva, non trova posto e ordina da bere con l’aria delusa.

Si chiama Poetry Slam, ed è la prova che tutte le nostre convinzioni sulla poesia contemporanea sono false.

Nasce nel 1984, quando Mark Smith, operaio e poeta, organizza una competizione al Get Me High Lounge ,un jazz club di Chicago. L’intento è fin da subito quello di restituire vita alla poesia e di coinvolgere il pubblico, spingendolo e incoraggiandolo a mettersi a sua volta in gioco, abbattendo le barriere fra autori e fruitori. Chi scrive ha l’occasione di far ascoltare alla gente comune le proprie opere, mettendosi alla prova su di un palco, in una breve performance che ha qualcosa di terapeutico. Non si tratta infatti di una semplice lettura ad alta voce: i poeti interpretano e rendono vivi i propri versi; il pubblico partecipa animatamente, fra risate, urla, applausi, e naturalmente decreta il vincitore dello scontro.

Curtis Gassert è il moderatore di questa serata. Un ragazzotto americano trapiantato a Berlino, che di solito ha l’aria timida e riservata, ma stasera sembra diverso. Ha il ruolo di scaldare la platea e introdurre i poeti, regolando i diversi round in cui si affrontano. Il tono con cui conduce i giochi è quello dello show man consumato, carico, adrenalinico, trascinatore.

A fine serata mi racconta di aver scoperto proprio qui a Berlino il mondo degli Slam, e di avervi intravisto una possibilità per condividere i propri versi, per sapere cosa ne pensassero gli altri. La scena è molto viva, ci sono svariate serate a settimana in posti molto diversi, e si è già creato un mercato intorno a questo tipo di arte. Diversi performers arrivano addirittura a vivere di queste esibizioni, e non c’è da stupirsene a giudicare dalla quantità di gente accorsa. Dall’altro lato, gli Slam restano ancora occasioni aperte a tutti, per misurarsi con un pubblico e con se stessi.

Ma la cosa davvero interessante è forse quella più complessa da mettere in parole.  L’atmosfera che si crea, l’eccitazione di chi si esibisce, l’energia che sembra animare corpi che fino a poco prima erano nascosti. Curtis mi indica un tizio: arrivato a sala ancora vuota, aveva preso posto sul fondo, un po’ rammaricato perché non avrebbe potuto esibirsi a causa di una recente operazione alla gola. A fine serata ricompare tutto sudato, con la sua birra in mano (la regola d’oro è “one poetry, one drink”, per cui se vi viene in mente di buttarvi, di sicuro ci guadagnate un drink offerto). Non ha potuto trattenersi, dice, e si è lanciato; e a giudicare dal suo sorriso, gli ha fatto bene.

Se volete provare l’esperienza, dal lato del pubblico o da quello del palco, qui trovate molte possibilità:
http://www.slampoet.de/
http://www.myslam.net/de/poetry-slam-calendar

Autore: Elisa Pettoello

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