La Biopsicologia oggi, con l’aiuto delle neuroscienze, ci aiuta ad affrontare questa dura prova cercando di puntare su alcuni fattori che posso cambiare radicalmente l’impatto psichico della quarantena.
Ci si sofferma ad analizzare l’impatto di: attività fisica, cibo utilizzato come arma per combattere noia e nervosismo e infine l’influenza della luce.
Andiamo a vedere nel dettaglio che consigli pratici ci da per gestire queste tre variabili a nostro favore:
L’attività fisica, e il movimento aerobico, migliorano la plasticità cerebrale.
Cosa si intende quando si parla di plasticità cerebrale?
Si intende la capacità dell’encefalo di mutare la propria struttura e le proprie funzionalità, in correlazione a stimoli dell’ambiente esterno e al processo di sviluppo dell’individuo.
Questa potenzialità dell’uomo si esprime, per esempio con l’aumento delle dimensioni di alcune regioni del cervello, a seguito del loro ripetuto utilizzo, le cellule hanno maggiore attività, e di conseguenza formano più sinapsi durante l’apprendimento.
Possiamo banalmente definirla come un “potenziamento” della nostra intelligenza di base.
Ci sono alcune attività ad oggi riconosciute come motori di questa plasticità (la Mindfulness, lo studio mnemonico, la psicoterapia, lo studio di strumenti musicali….) e sicuramente una di esse è il movimento fisico continuato.
A rivelarlo uno studio dell’Università di Pisa, che ci svela l’utilità di come piccole porzioni di tempo dedicato all’attività fisica riescano a stimolare i circuiti di rilascio dopaminergici (in particolare le monoammine) che sono direttamente collegati alla riduzione delle patologie mentali come la depressione, grazie a un aumento dei livelli di serotonina e noradrenalina.
Gli effetti dello sport sono chiari: l’esercizio favorisce lucidità mentale, che rimane costante nel tempo, aumenta le difese immunitarie, che ci proteggono dalla contrazione di virus e malattie, e rilascia neurotrasmettitori “positivi” che ci sostengono nei momenti di tono dell’umore basso.
Questo basta per comprenderne la sua crucialità in momenti come la quarantena o l’isolamento sociale.
Il Cibo, è utilizzato non solo come strumento e tramite per le emozioni, coinvolge anche meccanismi neuronali in grado di modificare la percezione di quello che ci sta attorno e del nostro umore. Vediamo più nel dettaglio:
L’aumento del consumo di dolci, carboidrati semplici e spuntini fuori orario (sopratutto la sera) stimola la secrezione dell’insulina e una riduzione dei livelli plasmatici di aminoacidi, che competono con il triptofano per il trasporto nel cervello nei livelli cerebrali. Il triptofano è un precursore della serotonina, (che regola fame, sazietà e sopratutto tono dell’umore). Bassi livelli di questo neurotrasmettitore portano ad un consumo sempre maggiore di carboidrati, alti livelli di serotonina, migliorano il livello generale dell’umore e direzionano l’organismo verso l’assunzione di proteine perché già sazio.
La carenza di micronutrienti influenza lo stato della psiche. Gli aminoacidi (l’unità strutturale primaria della proteina) precursori della serotonina sono per esempio il triptofano e il 5htp, contenuti in quantità elevate in alimenti come pesce, carne, olio di oliva e cereali.
Alcune vitamine come la vitamina D, il magnesio, il selenio, lo zinco e il ferro (e quindi di conseguenza gli alimenti ad esse correlati) alleviano e regolano il tono dell’umore quando si abbassa.
Dunque è bene mangiare, cucinare e condividere ma stando sempre attenti a quanto e cosa si consuma, altrimenti il rischio è quello di scatenare una “sovra-ruminazione” di pensiero (una forma circolare di pensiero persistente, passivo e ripetitivo, compatibile con i sintomi di depressione e ansia) innescata dai meccanismi di incremento dell’insulina a livello del lobo temporale inferiore e dell’insula, la cui attività disfunzionale è correlata alla ruminazione depressiva appunto.
Per ultima l’esposizione alla luce, tra cui quella solare, è stata tema trattato largamente dagli psicologi che stanno cercando di trovare rimedi e consigli adatti a questo periodo:
La luce solare, ricordiamolo, aiuta il corpo a sintetizzare la vitamina D, direttamente correlata con il tono dell’umore, e la regolamentazione dei livelli dei neurotrasmettitori nel cervello. L’esposizione alla luce solare (specialmente diretta nel lobo oculare, per facilitare l’assorbimento dalla retina) disattiva il meccanismo di segnalazione della melatonina, che viene prodotta in risposta del sistema psico-neuro-endocrino-immunitario (PNEI) con il calare della luce, che ci produce quella sensazione di sonnolenza e intorpidimento, diametralmente opposto al cortisolo, che si attiva in dirittura dell’arrivo del giorno, preparandoci le energie per la nuova giornata.
Fino a quando la secrezione e l’utilizzo di questi ormoni avvengono in modo bilanciato, l’alternanza tra sonno e veglia (chiamata ritmo circadiano) funziona in modo sano, e ne consegue una sensazione di benessere generale. Purtroppo situazioni di isolamento e reclusione forzata alterano la percezione e l’azione della luce, portata anche dell’inserimento delle luci non naturali nella nostra vita ( come la luce blu dei dispositivi, che attiva meccanismi stimolanti come la melatonina, quindi lo stato di sonnolenza) ne consegue che una produzione in eccesso di cortisolo interferisca con la produzione della melatonina, e avremmo dunque difficoltà ad addormentarci dopo essere stati a lungo davanti allo schermo del telefono o del pc , oppure dopo esserci assopiti più volte durante la giornata, appena la melatonina inizia a ridursi, l’accumulo del cortisolo ripartirà svegliandoci a metà notte se non addirittura quando è ora di andare a dormire e/o mattina presto.
Bisogna dunque, fare molta attenzione a mantenere un equilibrio in queste situazioni di privazione luminosa. Non esagerare con l’utilizzo di schermi che aumentano i livelli della melatonina e ci creano una sonnolenza quotidiana che ci porta a dormire molto durante la giornata. È bene seguire un ritmo sonno veglia stabile, in sincronia con la luce solare, una sveglia alla mattina fissa e un orario stabile per andare a dormire. Questo stabilizza anche il tono dell’umore che non risentirà di troppi cambiamenti.
L’assunzione della vitamina D in queste situazioni è fondamentale, assieme all’esposizione dei raggi diretti in volto per quello che ci è possibile.
Pare che Winston Churchill disse “.. se stai cercando di risolvere un problema da più di 20 minuti consecutivi, allora lascialo stare, non lo risolverai di certo oggi, ma magari domani.”
Aveva capito, probabilmente non essendone pienamente cosciente, che il DMN (Default Mode Network, ossia lo stato di riposo del cervello) e lo stato di rilassamento, cosi come il sonno, portano alla soluzione spontanea di tante problematiche che ci assillano e ci creano ansia.
Pensate se il nostro cervello avesse la percezione che in questo problema c’è immerso 24 ore al giorno, tutti i giorni della nostra settimana, non stop. Oberato di informazioni dall’esterno a riguardo, senza sosta, continuando a pensare che il tempo non scorre e contare i giorni che mancano al momento in cui si potrà uscire, proiettati in un futuro che tarda ad arrivare.
Pensate se invece provassimo a vivere nel qui e ora, godendo quello che ci è possibile godere, condividendo come ci è possibile condividere.
Quindi : cucinate, create, ballate, fate sport, mettete in ordine, parlate, condividete e state al sole; la neuroscienze ci dice che tutto ciò ci riporta a uno stato di DMN che ci farà vivere questo inevitabile stress in maniera differente, mentre piano piano il tempo scivola.
Il piacere passa per le cose piccole, non per quelle estreme.