LILIANA COME LILIANA SEGRE, nominata senatrice a vita pochi giorni fa, il 19 gennaio, dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è milanese, appartiene ad una famiglia ebraica che si definisce agnostica, ma questa sua origine tanto basta a farla deportare alla tenera età di 13 anni verso i campi di concentramento in Germania a seguito dell’entrata in vigore in Italia delle cd. leggi razziali del 1938, dopo un tentativo mal riuscito di fuga in Svizzera. Nel 2004 è stata anche insignita dall’allora Presidente Ciampi del titolo di “Commendatore Ordine al merito della Repubblica italiana”, il più alto tra gli Ordini repubblicani. Questa di seguito, a mio avviso, la sua più grande riflessione oggi e valida per domani:
“L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza.“
Come “bambina dell’Olocausto” è stata anche tra i protagonisti del film documentario “Memoria”, presentato nel 1997 al festival internazionale del cinema di Berlino. Dagli anni ’90 si dedica al dialogo con i giovani nelle scuole su questi importanti temi, che hanno segnato indelebilmente la sua vita e che inizialmente l’avevano determinata al silenzio anche in ragione di un ambiente allora desideroso di dimenticare e bast. Così si esprime: “Era molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io: una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza. “.
Le è stata negata la scuola, poiché fu espulsa in base alle ricordate leggi; è stata arrestata; si è vista negare il diritto di asilo; è stata tatuata come un animale per renderla cosa e cancellare l’identità di persona; le è stata negata la sua femminilità, rapandole i capelli; è stata ridotta operaia schiava a lavorare nei campi di concentramento.
Nonostante tutto questo si definisce una donna di pace e racconta: “Ho resistito perché sono stata amata...L’amore. Sono stata così tanto amata, dai nonni, da mio papà, un santo perdente. Un amore che mi serve anche adesso, che è come una pelle fantastica che ripara da tutti i mali del mondo. E ho ritrovato l’amore con mio marito”.
Lascio indietro l’argomento Indifferenza e vengo atterrita dal Male, quello assoluto, narrato nei racconti di questi deportati, perché ebrei, tra cui la Segre. Male come Ravensbrück, il campo di concentramento costruito su ordine di Himmler nel Brandeburgo, a 90 km da Berlino, principale lager femminile della Germania nazista, dove approda dopo varie esperienze la neo senatrice italiana.
A tale proposito il Com.It.Es Berlino organizza il prossimo 5 marzo presso l’Istituto Italiano di cultura la presentazione del libro tradotto in tedesco “Le donne di Ravensbrück / Als Italienerin in Ravensbrück” di Lidia Beccaria Rolfi e Anna Maria Bruzzone, due partigiane italiane superstiti del principale lager femminile dell’allora Germania nazionalsocialista. L’iniziativa non è solo del nostro istituto di cultura, ma in collaborazione con l’Associazione Gegen Vergessen für Demokratie e.V.: fondata nel 1994, ha sedi in tutta la Germania ed oltre due mila iscritti. Questa iniziativa si coordina con l’altro evento, patrocinato dal Com.It.Es, previsto per l’11 marzo, ossia una giornata dedicata a questo campo di concentramento, dove decine di migliaia di donne, tra cui molte italiane, persero la vita assieme ai loro bambini. Qui si consumarono crimini raccapriccianti, quali esperimenti “medici” per la cura ad esempio della cancrena gassosa, utilizzando le detenute come cavie da laboratorio. Eppure in mezzo a tanto orrore vi furono anche raggi di luce: molti gruppi di detenute organizzarono di nascosto dagli aguzzini gruppi di studio, per garantire non solo una scolarizzazione minima, ma addirittura qualche lezione universitaria.
Mi soffermo ancora sulle parole della Segre in merito alle recenti affermazioni nostrane sulla cd. “razza bianca”: la senatrice afferma che più che fare male a lei queste parole, crede, abbiano fatto male a chi le ha pronunciate.
Questo pensiero, questa sintesi di filosofia di vita mi riportano a Roma, dove presso la Libreria Kiryat Sefer ho preso parte qualche giorno fa alla lezione della studiosa Yarona Pinhas sulla sua ultima pubblicazione “Le lettere del cielo. Da Alef a Tav, dall’Infinito al finito“, il cui argomento specifico é stato “LA TET: PER ESSERE CONNESSI BENE, TOV“. La Tet è una lettera dell’alfabeto ebraico ed intorno ad essa inizia un’esegesi legata alle configurazioni della forza creatrice di D-o nella tradizione mistica, propria della Cabbalà.
Secondo la scrittrice il Male viene per svegliarci ed il Bene deve essere scelto e poi amplificato, ma il suo svelamento é un processo lunghissimo. D-o ha creato il mondo, per riversare Bontà, come capacità di trarre insegnamento da ogni situazione. Dopo aver subito un trauma, quale bene traggo da questa esperienza? Ci pone come interrogativo personale la Pinhas. IL MALE E’ LA SEDIA DEL BENE, ci deve portare a valutare ogni cosa, a discernere, valutare.
La lettera Tet viene dunque collegata alla parola ebraica “Tov”, “Bene”, che è in quest’ottica una scelta consapevole, una missione collegata ad un lavoro interiore, che porterà alla Luce. Quel lavoro interiore che ha portato la senatrice Segre a stigmatizzare magistralmente le parole prima ricordate e di recente pronunciate sulla razza. Mi è abbastanza difficile ricollegare questi insegnamenti all’Olocausto, ma di sicuro lascia di sasso che ancora oggi si parli di cd. “razza bianca”, perché a mio avviso esiste una sola razza, quella umana, che poi si declina in diversi popoli e culture. Eppure di questo si tratta: scegliere se essere umani o meno…
E così per concludere con le parole di un’altra studiosa, Gheula Canarutto Nemni
“La memoria ebraica è ricordo che porta al rinnovamento.
La memoria da noi serve per camminare meglio domani.
Ascoltate per imparare, leggete per riflettere, elaborate un cambiamento interiore che duri nel tempo.”. Todà.
Autrice: Violetta
DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli