Negli ultimi giorni migliaia di persone sono morte a causa del coronavirus in Italia e in Spagna; in Italia 1000 persone in 24 ore, in Spagna 800. Queste notizie non provengono da un altro pianeta o da un continente lontano. Provengono dai nostri paesi limitrofi. Noi, gli autori, apparteniamo alla categoria degli amanti della cultura mediterranea. Ma non è necessario essere un amante della cultura mediterranea per inorridire di fronte all’immensa portata della distruzione che il coronavirus ha già causato in questi paesi.
La pandemia ha prodotto esempi straordinari di aiuto reciproco e solidarietà in tutta Europa. Migliaia di giovani si offrono volontari per assistere gli anziani che vivono da soli nelle loro case; il Land Sassonia accetta i pazienti gravi provenienti dall’Italia, il Saarland offre aiuto ai pazienti francesi in difficoltà, altri Länder federali e il governo stesso sono coinvolti in prima linea. Si avverte un nuovo clima: è letteralmente diventato popolare mostrare solidarietà, disponibilità, empatia. Tuttavia, nelle questioni cruciali, i paesi del nord restano reticenti nei confronti dei fratelli e delle sorelle del sud: rifiutano rigorosamente di accettare un fondo garantito da tutti i membri dell’UE, che permetterebbe di sostenere insieme l’enorme onere finanziario della crisi. Un fondo di questo tipo eviterebbe uno shock che in linea di principio colpirebbe tutti gli Stati membri, sovraccaricando quei Paesi che già prima della crisi erano alle prese con un debito nazionale molto elevato.
La Commissione europea dovrebbe quindi istituire un fondo Corona, che possa contrarre prestiti sui mercati internazionali il più a lungo possibile. Da questo fondo, il denaro dovrebbe fluire sotto forma di trasferimenti agli Stati membri. Tale costruzione impedirebbe l’aumento dell’indebitamento dei singoli Stati membri. Il fondo riceverebbe quindi sostegno dal bilancio dell’UE per il pagamento degli interessi.
Il fondo che proponiamo non va confuso con il modello degli Eurobond, che sono stati proposti come soluzione alla crisi dell’euro del 2010-2012. Gli Eurobond miravano a stabilire una responsabilità congiunta per una parte significativa del debito pubblico sostenuto in passato. Nel caso dei Corona-Bonds, i debiti attuali e futuri sono a carico congiunto.
Si tratta quindi di una misura temporanea che permetterebbe all’Italia e ad altri Paesi, la cui esistenza è fortemente minacciata, di sopravvivere alla crisi e al periodo successivo politicamente ed economicamente.
Non fare nulla equivarrebbe a non fornire aiuti. È difficile per noi capire perché la Cancelliera e il Vicecancelliere tedesco abbiano così forti riserve su questo passo, necessario per la solidarietà e la stabilità europea. In questo momento è particolarmente importante trovare il modo di far capire che ci apparteniamo, che siamo legati dalla stessa “magia”, come dice il nostro inno nazionale. A cosa serve l’UE se in tempi difficili come questi dell’emergenza Coronavirus non dimostra che gli europei sono uniti e lottano per un futuro comune? Questo non è solo un imperativo di solidarietà, ma è anche e soprattutto nell’interesse di tutti.
In questa crisi noi europei siamo tutti sulla stessa barca. Se il Nord non aiuta il Sud, perderà non solo sé stesso ma anche l’Europa.
L’appello appare contemporaneamente su “Le Monde”.
Traduzione dell’articolo pubblicato il 1° aprile 2020 sul giornale tedesco Die Zeit e apparso contemporaneamente sul quotidiano francese “Le Monde”.