Insegno, in un liceo romano, le materie più tradizionali: “lettere”, cioè italiano, latino, storia e geografia. Sono le materie che l’umanesimo aveva classificato come arti liberali, quelle arti, cioè, che rendono libero l’uomo dalla schiavitù del pensiero. Sono ben conscia di questa verità, anche se essa si scontra quotidianamente con le difficoltà che la vita presenta a ogni momento, siano esse oggettive (che umanesimo vuoi che ci sia quando rimani imbottigliata nel traffico per ore a causa di quei simpaticoni che parcheggiano in doppia o tripla fila?), siano esse soggettive e interiori (come faccio a sentirmi libera quando mille paure mi strangolano?); il difficile sta nel creare nei miei annoiati quattordicenni quel piccolo smottamento iniziale capace aprire una crepa che intacchi il muro da cui sono protetti e isolati.
Ogni anno mi invento qualcosa di nuovo, facendo un po’ di slalom tra le strettoie del programma ministeriale che è, sì, importante, ma che se seguito alla lettera non lascia spazio all’aria che –secondo me- è necessaria perché concetti e nozioni circolino liberamente nella testa e diano poi forma al pensiero. Quest’anno, con una classe nuova di zecca, mi sono lasciata ispirare da un tema a me molto caro, il viaggio. Sia perché sto programmando di farne uno definitivo di trasferimento a Berlino, sia perché il viaggio è un’esperienza che si può vivere anche senza necessariamente muoversi: e cosa c’è di meglio che “dimenticarsi” dei banchi in cui si è costretti e dispiegare le ali verso posti di cui nemmeno si immaginava l’esistenza e che pare siano lì proprio ad aspettarci?
Ma che viaggio propongo? Sicuramente un viaggio sui generis, che mette insieme archetipi e coscienza moderna, ma vale la pena che ve lo racconti. Poi vi dirò, a fine anno, dove siamo arrivati, io e i miei ragazzi. Comincerò con un film –e chi non l’ha visto, rimedi subito!- “Little miss Sunshine”, un delizioso film del 2006 (regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris) che con leggerezza tratta temi fondamentali come l’amore, la morte, la paura e il coraggio di essere sé stessi: e li tratta mettendo tutti i personaggi in viaggio verso un concorso di bellezza per bambine (di qui il titolo) che cambierà tutti.
Una volta aperto il tema del viaggio come esperienza di cambiamento, ho intenzione di ampliare gli orizzonti e scendere in profondità nello spazio e nel tempo con la lettura –un po’ a casa da soli, ma la maggior parte in classe, insieme- di due racconti di viaggio. Il primo è un piccolo romanzo (Mr. Ibrahim e i fiori del Corano, di Eric- Emmanuel Schmitt) che però lascia nel lettore un’eco immensa: il legame tra il giovane e infelice Momo e il saggio e malinconicamente felice Ibrahim è una delle più belle e intense “piccole” storie che abbia letto, e anche di questo, vi consiglio la lettura.
Il secondo racconto non è un racconto, è IL racconto del viaggio. Accompagneremo Ulisse, il viaggiatore archetipico che ancora vive –anche se impigrito e un po’ depresso- in ciascuno di noi. Benché tanto lontana nel tempo e riferita a modelli culturali ormai superati, l’Odissea rimane un’esperienza che ciascuno avrebbe il diritto di fare. Io so l’effetto che ha avuto su di me, e voglio scoprirne di nuovi vedendo cosa succederà ai miei studenti, ascoltando e seguendo il racconto di un uomo che ha assecondato la sua sete di “andare a vedere che c’è di là”, mai pago di quanto la superficie delle cose gli mostrava e con il coraggio di sperimentare tutta la gamma di sentimenti e di emozioni che il cuore (a cui lui si rivolge, in un momento di disperazione, invocando “Sopporta, cuore…”) può accogliere.
Giulietta Stirati
Autore: Giulietta Stirati