A Berlino e dintorni si contano ben venticinque materne e sedici scuole steineriane. Steineriane da Rudolf Steiner, filosofo austriaco nato nel 1861 e morto nel 1925, fondatore dell’antroposofia e ideatore del celebre modello scolastico. Si tratta di scuole paritarie, riconosciute, in parte sovvenzionate dal Senato di Berlino, che l’alunno può frequentare per tutta la durata degli studi. In Germania ci vogliono dodici anni per raggiungere il Diploma di Maturità (in alcuni casi gli anni sono ancora tredici), dalla prima elementare fino alle superiori. Vi sono diverse famiglie italiane residenti a Berlino che optano per questo approccio scolastico alternativo. A volte si tratta di famiglie che già in Italia avevano scelto questo tipo di formazione per i loro figli, altre volte è la numerosa offerta che c’è a Berlino – soprattutto se paragonata all’offerta che troviamo in Italia, anche nelle grandi città – a incuriosire e a spingere i genitori verso questi modelli scolastici. E forse, aggiungo io, è proprio l’aria che si respira in questa città così aperta e per certi versi anarchica ad incentivare questa curiosità ed apertura verso sistemi educativi meno rigidi.
Incontro Cristina Dezza, nel suo bell’appartamento in un vecchio palazzo berlinese, tipicamente “Altbau”, nel quartiere Schöneberg di Berlino, celebre quartiere centrale della ex Berlino Ovest, ancora oggi molto amato sia dalle famiglie che dai più giovani. Cristina ci vive insieme al marito Umberto e al figlio Giulio di otto anni. Mi racconta di essere stata lei stessa educatrice di scuola materna in Italia, per ben vent’anni. Ora ha una sua attività che la porta a viaggiare parecchio tra i due paesi. Ci sediamo sul divano e Cristina è un fiume in piena. Ha voglia di raccontare e il suo entusiasmo è contagioso.
Ciao Cristina. Tuo figlio minore, Giulio, di 8 anni, frequenta una scuola steineriana qui a Berlino, giusto?
Sì, giusto. Lui frequentava già una “Waldorfschule”(così si chiamano le scuole steineriane in Germania) in Italia, a Bergamo, però era solo un Kindergarten. Ha fatto i primi due anni di materna lì e poi ci siamo trasferiti a Berlino. Questa Waldorfschule di Bergamo era aperta dalle 8 alle 14. I bambini mangiavano lì: due giorni a settimana si portavano il pranzo da casa, due giorni cucinavano le maestre e un giorno cucinavamo noi genitori, a turno. Una situazione che a me piaceva. Quando ci siamo trasferiti a Berlino Umberto, mio marito, trovò un posto per Giulio in una delle numerose scuole steineriane che ci sono qui. Era situata all’interno di un appartamento a piano terra, senza giardino, e a me non piaceva. Poi prima di iniziare a frequentarla ci chiamò un’altra scuola Waldorf, quella di Kreuzberg, che era la prima a cui io mi ero rivolta, ma in cui non c’era disponibilità. Ci dissero che si era liberato un posto. Senza nemmeno pensarci ho iscritto mio figlio lì. Era una scuola che rispettava le caratteristiche che io avevo in mente: aveva un giardino…insomma era uno spazio più adeguato secondo me. Però mi sbagliavo.
Perché?
Perché Giulio non si trovò benissimo. Gli educatori, una donna ed un uomo – in Germania succede spesso di trovare educatori maschi anche alla materna – erano molto bravi ma non c’era empatia. Giulio ha fatto una fatica pazzesca anche perché non parlava una parola di tedesco. Abbiamo effettuato un inserimento relativamente breve. All’inizio ha avuto parecchie difficoltà, tant’è vero che io tutte le volte che andavo in Italia (spesso, per lavoro) me lo portavo dietro, in accordo con la scuola. In ogni caso in quel primo anno Giulio ha imparato il tedesco. Poi però in questo istituto di Kreuzberg non c’era un posto disponibile per le elementari. Inoltre io volevo che Giulio frequentasse il cosiddetto “anno del re”, che in tedesco si chiama “Basalgruppe”.
E cos’è?
È un anno di transizione tra la materna e le elementari. Dietro c’è tutta una filosofia: secondo Steiner per esempio finché i bambini non hanno perso almeno quattro denti non sarebbero pronti a frequentare la scuola…
E quindi cosa avete fatto?
La sua maestra di Kreuzberg ci ha consigliato di iscriverlo alla scuola steineriana sulla Bundesallee, nel quartiere di Wilmersdorf: la Johannes – Schule.
Mi spieghi perché la scuola steineriana in tedesco si chiama Waldorf?
Sì, steineriana da Steiner, il teorico che l’ha ideata, e Waldorf era il produttore di sigarette che chiese a Steiner di istituire una scuola nella sua fabbrica per i figli degli operai. Quindi, sebbene qui a Berlino la Waldorfschule abbia la nomea di essere una scuola elitaria, e un po’ anche in Italia, in realtà venne concepita come una scuola per tutti. Steiner ha cominciato a mettere in pratica il suo metodo in questa fabbrica, per i figli degli operai. Poi Waldorf si innamorò di questo metodo e continuò a finanziarlo. Furono aperte altre scuole…
Interessante. E poi con Giulio come è andata avanti?
Lo abbiamo inserito nella Basalgruppe di questa Johannes – Schule. Gli ho voluto regalare un anno di materna in più, un anno di spensieratezza, nonostante il neuropsichiatra infantile (in Germania tutti i bambini vengono sottoposti ad un test medico attitudinale prima di frequentare la scuola) mi avesse detto che, nonostante Giulio non avesse ancora compiuto sei anni, secondo lei era pronto per la scuola. Ma io ho preferito fargli frequentare questo “anno del re”. E Giulio è stato felicissimo! Non voleva mai tornare a casa. Voleva restare a scuola fino alle sei di sera a volte.
Questa scuola, la Johannes, nel frattempo si è spostata però?
Esatto. Infatti Giulio ha frequentato questo “anno del re” e la prima elementare lì sulla Bundesallee, uno spazio orrendo che loro però erano riusciti a rendere gradevole. In Germania riescono a rendere piacevoli i luoghi brutti, noi invece abbiamo posti meravigliosi che teniamo da schifo… Poi l’istituto si è trasferito sulla Monumentenstrasse, proprio a Schöneberg, il nostro quartiere. Questa nuova sede qui a Schöneberg invece è bellissima. Ora mio figlio frequenta la seconda elementare. E una delle particolarità di questa scuola è che l’insegnante che li prende in prima li porta fino alla dodicesima classe.
Quindi fino alla maturità?
Sì. In Italia invece sono pochissimi gli istituti steineriani che hanno le scuole superiori. Forse a Milano, a Roma. A Bergamo si fermavano alla materna e c’è addirittura qualche genitore che porta i figli fino in provincia di Brescia per permetter loro di frequentare le elementari.
Come viene finanziata la Waldorfschule qui a Berlino?
In parte dai genitori, in parte dai donatori e in parte dallo Stato, ossia dalla città di Berlino. È una scuola riconosciuta, paritaria. La retta è in base al reddito.
Quindi alla fine del percorso, il loro Diploma di Maturità viene riconosciuto?
Sì, però la prova di Maturità viene organizzata da esaminatori esterni alla scuola. E la media scolastica degli alunni che frequentano la Waldorf è molto buona.
Quanto è alta la retta?
Non lo so esattamente fino a quanto arrivi. So che è legata al reddito. Vi sono delle tabelle.
E tu sei soddisfatta di questa scuola steineriana?
Io sono molto soddisfatta perché Giulio, nonostante i vari cambi di scuola e il trasferimento dall’Italia, ha avuto una continuità pedagogica in questi anni. Si è trovato nello stesso ambiente pur cambiando sedi e città. Stessi giocattoli, stessi principi pedagogici.
E qual è il concetto pedagogico che c’è dietro la scuola steineriana? Sapresti delinearmi i concetti di base?
Il primo è dare spazio alla fantasia. Quindi non riempire i bambini di giochi, di oggetti già costruiti. Anche le bambole per esempio non hanno espressione, perché è il bambino che si identifica: se il bambino è felice vede la bambola felice, se è triste la vede triste. Tutti i giochi devono poter essere trasformati dai bambini. Quindi, come nel metodo Montessori, c’è una partecipazione attiva del soggetto.
Il secondo punto è che ogni bambino viene rispettato nella sua individualità e peculiarità. Non ci sono scadenze precise, si segue il tempo e il ritmo di ognuno.
Il terzo è che non ci sono giudizi, non ci sono voti.
Mai?
Mai.
Né a metà anno né a fine anno? Non hanno una pagella?
No.
E voi come fate a sapere come va vostro figlio a scuola?
A noi arriva un resoconto, ma in forma atipica. Può trattarsi di un racconto, di una favola o di una poesia. Ci arriva, noi lo leggiamo – ma mai in presenza dei nostri figli – e da lì capiamo come stanno andando le cose. E poi ovviamente vi sono i colloqui con gli insegnanti.
La scuola segue il programma ministeriale, ossia in questo caso della Città Stato di Berlino, riguardo le varie materie?
Non lo so con precisione… Però ti faccio un esempio: lui impara le tabelline in un modo che io non ho ancora capito, non so quale sia. Però le impara, le sa perfettamente.
Sì, tra l’altro la matematica in Germania si studia in maniera diversa, con altri approcci, e spesso per noi genitori italiani diventa difficile aiutare i nostri figli. E, sempre riguardo al programma, hanno tutte le materie obbligatorie nel piano di studi: matematica, scienze, tedesco, inglese?
Sì, certo. In più hanno materie particolari, come Euritmia: è un connubio tra movimento e musica che aiuta molto i bambini. È una psicomotricità steineriana. E viene dato molto spazio alla musica, ma credo che in Germania questo sia comune a molte scuole. Poi vi sono diverse attività extracurriculari (“Arbeitsgemeinschaft” in tedesco, dette AG), soprattutto in ambito artistico e musicale.
È una scuola a tempo pieno?
No. Vanno a scuola dalle 8.20 alle 12.00. E da mezzogiorno alle 16 c’è l’Hort, ossia il doposcuola. Questo Hort non fa parte della scuola, è un istituto a parte. Si paga in più. Giulio ci va volentieri.
E nella scuola di Giulio gli alunni trascorrono molto tempo all’aperto?
Sì, moltissimo. Nell’anno “Basal” e durante tutta la materna hanno un giorno a settimana dedicato ad un’uscita, ad una gita.
E vengono dati compiti a casa?
Al massimo un disegno. Sennò zero compiti. Anche durante le vacanze vengono assegnati solo disegni. I bambini sono molto molto alleggeriti rispetto alla scuola normale, perlomeno quella italiana.
E le classi sono divise a seconda dell’età o raggruppate?Prima e seconda riunite in una classe per esempio. Esistono anche scuole pubbliche qui in Germania che hanno adottato questo metodo, oltre ad alcuni istituti paritari con sistemi pedagogici alternativi.
No, da noi sono divisi in classi a seconda dell’età: vi è una prima, una seconda, una terza e così via.
E quanti alunni vi sono per classe?
Tantissimi. Nella classe di mio figlio sono trenta. Secondo me sono davvero molti, però l’insegnante fa lezione solamente dalle 8 alle 13.
E c’è il maestro unico, mi dicevi?
Sì. Le elementari durano sei anni e in questi sei anni hanno un maestro unico per quasi tutte le materie.
E alle superiori, dopo la classe sesta?
Sicuramente la loro maestra attuale resterà ad insegnare almeno una materia fino alla fine del percorso. Li accompagnerà fino alla fine. I dettagli a partire dalla settima classe ancora non li conosco…Li scopriremo. Comunque anche alle elementari vi sono alcune materie, come musica per esempio o attività extra scolastiche, che vengono affidate ad altri docenti. Quando ci sono i colloqui noi incontriamo tutti: anche l’insegnante di musica, di educazione fisica, di religione. Se ci pensi…chi ci va in Italia a parlare con questi insegnanti? Quasi nessuno, perché sono tutte materie considerate marginali nella scuola pubblica. Nella Waldorf invece musica e arte sono materie fondamentali, dominanti. Tutto ciò che è espressione libera è importantissimo per Steiner.
Ed esiste il concetto di ripetere un anno?
No. Non esistono bocciature in quanto niente ha valenza negativa nella scuola steineriana. Invece per esempio nel caso di mio figlio maggiore che ha frequentato una scuola regolare in Italia, già dalla materna tutto aveva una valenza negativa. Per me invece, quando facevo l’educatrice, nulla aveva un valore negativo. Mio figlio Filippo, che ora è adulto, era molto vivace, ed è sempre stato penalizzato a scuola. Lui faceva agonismo, e questo veniva visto come un ostacolo; disegnava benissimo, ma poi ha perso l’interesse per il disegno. Le sue passioni e i suoi talenti non venivano considerati e valorizzati. Mentre sia il metodo steineriano che quello Montessori mettono al centro il bambino.
Tu sei stata educatrice?
Sì, ho insegnato vent’anni alla materna. Prima una scuola privata, poi pubblica. Vinsi il concorso. Tra l’altro avrei l’abilitazione per lavorare anche qui.
Usano il pc nella scuola di Giulio, le nuove tecnologie?
No. Per ora no. È tutto ancora a misura di bambino.
Vi sono linee guida anche per i genitori? Tipo…non guadare la tv o cose simili?
Sì, ma sono linee guida, non proibizioni. È una scelta dei genitori, delle famiglie. Noi per esempio già facevamo i digiuni dalla tv, un mese ogni tanto, ben prima di conoscere il metodo steineriano. E dopo un mese i miei figli neanche si ricordavano più che il mese era passato! Quindi per noi non è stato nulla di nuovo. Noi eravamo già orientati in quella direzione. Vi sono bambini oggi che a venti mesi vengono messi di fronte ad un tablet sennò non mangiano. Secondo me è dannoso.
Anche nell’abbigliamento, i bambini vogliono solo vestiti, accessori, cartelle alla moda. Noi cerchiamo di tenerlo libero da certe schiavitù. Io ho comprato a Giulio una cartella di cuoio tipo quelle di una volta. A lui piaceva tantissimo, l’abbiamo scelta insieme. Alcuni hanno criticato questa nostra scelta. Secondo me noi genitori abbiamo ceduto in così tante cose che dovremmo tornare indietro su alcuni aspetti. Senza rinunciare alla modernità e tecnologia, ma usandole con intelligenza, rispettando i tempi del bambino. Usarle, e non essere vittime di mode e abitudini che magari non approviamo ma che non abbiamo la pazienza e l’energia di contrastare perché magari è faticoso. I genitori sono prima di tutto educatori, non amici.
Quindi a voi la scuola steineriano calza a pennello?
Sì! Per noi è stata una scelta naturale.
Autrice: Barbara Ricci