LA RIBELLIONE SENTIMENTALE
IL SIGNIFICATO DI BRECHT NEL FILM “DAS LEBEN DER ANDEREN” (“LE VITE DEGLI ALTRI”)
Vorrei soffermarmi su una piccola scena del film “Le vite degli altri” –scritto, diretto e sceneggiato da Florian Henckel von Donnersmarck- nella quale il protagonista Gerd Wiesler (interpretato da un meraviglioso Ulrich Mühe) legge i versi di una poesia di Brecht dal libro che ha sottratto, spinto da una curiosità a lui totalmente nuova, a Georg Dreyman (Sebastian Koch). Il film è uno dei più noti all’estero e ha ottenuto il più alto numero di riconoscimenti degli ultimi 10 anni (è del 2006). In uno stile sobrio e intenso, la storia narra della silenziosa ribellione al sistema del capitano della STASI Wiesler (in codice HGW XX/7) attraverso la scoperta della poesia, della musica, dell’amore.
Ecco il testo completo della poesia di Brecht:
Erinnerung an die Marie A.
1
An jenem Tag im blauen Mond September
Still unter einem jungen Pflaumenbaum
Da hielt ich sie, die stille bleiche Liebe
In meinem Arm wie einen holden Traum.
Und über uns im schönen Sommerhimmel
War eine Wolke, die ich lange sah
Sie war sehr weiß und ungeheuer oben
Und als ich aufsah, war sie nimmer da.
2
Seit jenem Tag sind viele, viele Monde
Geschwommen still hinunter und vorbei
Die Pflaumenbäume sind wohl abgehauen
Und fragst du mich, was mit der Liebe sei?
So sag ich dir: Ich kann mich nicht erinnern.
Und doch, gewiß, ich weiß schon, was du meinst
Doch ihr Gesicht, das weiß ich wirklich nimmer
Ich weiß nur mehr: Ich küsste es dereinst.
3
Und auch den Kuss, ich hätt’ ihn längst vergessen
Wenn nicht die Wolke da gewesen wär
Die weiß ich noch und werd ich immer wissen
Sie war sehr weiß und kam von oben her.
Die Pflaumenbäume blühn vielleicht noch immer
Und jene Frau hat jetzt vielleicht das siebte Kind
Doch jene Wolke blühte nur Minuten
Und als ich aufsah, schwand sie schon im Wind.
Ricordo di Marie A.
1
Un giorno di settembre, il mese azzurro, tranquillo sotto un giovane susino io tenni l’amor mio pallido e quieto tra le mie braccia come un dolce sogno. E su di noi nel bel cielo d’estate c’era una nube ch’io mirai a lungo: bianchissima nell’alto si perdeva e quando riguardai era sparita.
2
E da quel giorno molte molte lune trascorsero nuotando per il cielo. Forse i susini ormai sono abbattuti: Tu chiedi che ne è di quell’amore? Questo ti dico: più non lo ricordo. E pure certo, so cosa intendi. Pure il suo volto più non lo rammento, questo rammento: l’ho baciato un giorno.
3
Ed anche il bacio avrei dimenticato senza la nube apparsa su nel cielo. Questa ricordo e non potrò scordare: era molto bianca e veniva giù dall’alto. Forse i susini fioriscono ancora e quella donna ha forse sette figli, ma quella nuvola fiorì solo un istante e quando riguardai sparì nel vento.
Libro di devozioni domestiche, in Poesie 1918-1933,
traduzioni di Emilio Castellani e Roberto Fertonani, Torino
La scena è breve e intensa: Wiesler legge Brecht e, impercettibilmente, piange. In quei versi e nella musica (Sonate vom guten Menschen) che ascolta –suonata da Georg Dreyman- sta la chiave della trasformazione del personaggio da macchina a uomo (“chi può rimanere cattivo dopo aver ascoltato, ma veramente ascoltato, una musica così?”, si chiede Dreyman). La “lacrimetta” di Wiesler è la goccia che rompe l’argine di una vita agita senza pensare e subita senza amore.
La poesia di Brecht racconta non tanto l’amore, quanto il ricordo dell’amore. Il poeta ricorda un pomeriggio d’estate con una donna amata: ricorda il susino, ricorda la nube. Di lei, però, di quella che viene presentata come l’amor mio, non ricorda più nulla,o meglio: può ricordarsi di lei solo perché ricorda quella nuvola –quella, non altre- che fiorì solo un istante.
Cosa mi ha detto Brecht in questi versi? E, mi chiedo, cosa ha detto a Wiesler –un uomo che è fatto di ricordi, tutti ben incasellati e schedati, ricordi anche costruiti, ma tutti pronti a essere sparati come proiettili mortali- una poesia di tanta disarmante e profonda bellezza?
Brecht mi dice che non è l’amore in sé a perdurare, quanto il suo ricordo. Ciò è profondamente vero, se guardiamo un momento al significato della parola “ricordo” sia in italiano sia in tedesco.
RI-CORDO: riportare nel cuore (dal latino cor, cordis);
ER-INNERUNG: riportare dentro.
Cosa, allora, riporta Wiesler “dentro”? Egli, mi piace pensare, ricorda –platonicamente- chi era. La poesia di Brecht attiva in lui il ricordo di un istante fiorito chissà quando; un istante che, lasciato emergere, illumina l’anima e fa brillare gli occhi. Ricordare l’amore significa ritrovarlo dentro di sé, e agire di conseguenza. La poesia e la musica, quindi, non trasformano il rigido agente della STASI in qualcosa di altro: ne svelano, sotto i suoi e i nostri occhi, la natura più intima e buona. Paradossalmente, e qui sta una delle meravigliose sottigliezze filosofiche del film, è proprio in un uomo come Wiesler che il prodigio si può manifestare in tutta la sua silenziosa grandezza: Wiesler ha una mente esercitata al controllo, alla memorizzazione dei dettagli, all’osservazione dell’infinitamente piccolo, alla pazienza e all’ascolto. È lui l’uomo che “veramente” può ascoltare. E ascoltando, ascolta se stesso nelle parole di un poeta; e il poeta gli ricorda chi è. La commozione (dal latino cum-movere: muovere insieme) è movimento in nome dell’amore, e della libertà di riportare in sé stessi quel che un potere esterno pretende di soggiogare e cancellare.
Autore: Giulietta Stirati