Intervista a Silvia Bonapace, bolognese, 33 anni, Laureata in Psicologia Cognitiva Applicata ed educatrice perinatale in formazione presso il MIPA di Brescia.
“Perché hai deciso di venire proprio a Berlino e cosa facevi prima in Italia? Da quanto tempo sei a Berlino e che lavoro facevi prima di questo.”
In Italia facevo la studentessa e la mamma alla ricerca di un presente e futuro soddisfacenti; sono venuta a Berlino con la mia famiglia tre anni e mezzo fa.
Subito dopo la laurea avevo deciso di venire a dare un’occhiata a come andavano le cose fuori dall’Italia, e ho organizzato il tirocinio postlaurea all’estero. La scelta di Berlino è stata un po’ meditata e un po’ frutto di coincidenze: avevo la possibilità tramite l’Università di svolgere tirocinio in altre città europee o addirittura oltreoceano. A Berlino abbiamo trovato il miglior compromesso tra le mie esigenze, quelle del mio compagno e quelle scolastico-educative per i miei figli. Ho passato 6 mesi alla clinica medica universitaria dello Charité collaborando a progetti di ricerca già avviati presso il reparto ospedaliero di psicosomatica e psicoterapia. Il tirocinio si è svolto in inglese ma quasi subito ho iniziato a studiare la lingua tedesca.
“Raccontaci qualcosa della tua attività qui”
Sicuramente lavorare qui è stato in parte più facile di quello che era in Italia: ho aperto molto presto la Partita Iva (che qui in Germania si chiama Umsatzsteueridentifikationsnummer!) presso il Finanzamt e ho iniziato a lavorare subito come babysitter, portando avanti nel frattempo i miei progetti e lo studio del tedesco.
Attualmente sono impegnata in diverse attività rivolte al sostegno e all’empowerment dei singoli e della comunità, soprattutto nel percorso nascita e nella genitorialità. Lo faccio privatamente, ma anche grazie a fondi per così dire pubblici e porto avanti diverse attività come volontaria perché credo che la salute sia un diritto universale e fondamentale. Settimanalmente mi sposto tra la Bayouma Haus dell’AWO dove offro consulenza psicologica anche in italiano a prezzi “sociali”, e il tutgut Zentrum a Prenzlauer Berg dove lavoro molto coi gruppi e coi corsi pre/dopo parto. Sono inoltre tra le socie fondatrici di Salutare e.V. associazione no profit per la salute mentale. Per ora prevale ancora il lavoro in lingua italiana ma sempre più spesso mi trovo a farlo anche in tedesco e in inglese, und ich freue mich darauf!
“Come è stato l’impatto con la mentalità tedesca e quali sono le difficoltà che un italiano può incontrare con la mentalità tedesca e viceversa”
Quale è la mentalità tedesca? Non mi sento di dire che Berlino sia rappresentativa di tutta la Germania. È una grande metropoli abitata da molteplici culture e ha una storia molto particolare. Non posso quindi generalizzare in questo senso.
L’impatto comunque è stato molto dinamico e ambivalente: inizialmente vedevo un sacco di “pro” come l’efficienza, l’apertura mentale, la libertà e il rispetto, la leggerezza del vivere; poi sono emersi anche i “contro”, l’isolamento, l’indifferenza, l’individualismo, insomma la mia percezione della situazione è cambiata diverse volte. Inoltre molti degli aspetti e degli atteggiamenti con cui mi confronto qui credo che siano da ricondurre al fatto che è una grande metropoli, piena di gente (più di 3,5 milioni), rumori e stimoli più che alla cultura nazionale.
Trovo comunque che l’orso, animale simbolo della città, sia ben azzeccato per descrivere un certo modo berlinese di essere molto diretto, un po’ borbottante e scontroso, con un certo debole per le dolcezze!
Quello che un tedesco può faticare a digerire nel nostro atteggiamento mi pare che sia il nostro essere mediamente più rumorosi di loro e il nostro entrare con fiducia e spontaneità nel loro spazio corporeo personale!
“La cosa che più ti ha affascina di Berlino e quella meno”
Affascina il coraggio civile e il senso sociale di cui si può fare esperienza per la strada, nella vita quotidiana, ma anche nelle scuole (non tutte!): sensibilizzano molto i bambini e i ragazzi rispetto a questo tema; e la capacità che hanno di ritagliarsi momenti di relax e di tenere separata la vita privata dal lavoro, vedi ad esempio il concetto di Feierabend che in Italia non esiste.
Sarò banale ma non mi piacciono la lunga assenza del sole e l’anonimia, l’impersonalità.
“La cosa che più ti manca dell’Italia e quella che sei felice di aver lasciato, cosa ti piace e cosa non sopporti dell’Italia”
Felice di aver lascito il FertilityDay e la frustrazione di vivere in una cultura e in una società in cui i vertici e i rappresentanti sono per la maggior parte ottusi e incompetenti. Lavorare in un clima culturale del genere soprattutto nell’ambito psicosociale è davvero faticoso!
Mi mancano le persone che ho lasciato, le colline e il poter in un’ora essere al mare a fare il bagno.
“Quale era il tuo cibo preferito in Italia e quale qui a Berlino”
La minestra di Yogurt, ricetta della mia famiglia che si tramanda ormai da tre generazioni, adorata da bambini così come da adulti. Non riscuote in realtà un gran consenso al di fuori della cerchia familiare! È una rivisitazione all’italiana dei manti turchi, una sorta di tortellini in salsa calda di yogurt.
Era la preferita in Italia e lo è ancora qui a Berlino, molto adatta ai periodi freddi e in grado di farci sentire a casa.
“Quale è il tuo posto del cuore qui a Berlino”
Non ho ancora un posto del cuore a Berlino. Uno che mi ha colpito recentemente è stato l’altura sopraelevata all’Humboldt Park, sorta dalle macerie di un bunker e da cui si può vedere lontanissimo, cosa che mi manca molto qui, trovandoci in una pianura di diverse centinaia di chilometri.
“Cosa consiglieresti a chi vuole trasferirsi a Berlino”
Di capire prima se Berlino effettivamente fa al caso loro. Si parla molto di quanto sia bella, aperta, viva ma quasi mai delle difficoltà che ci sono e che sono tante.
Altro importante consiglio è di mettersi in testa di imparare il tedesco, perché è fondamentale e necessario, altrimenti si rischia di restare nella comunità di appartenenza da cui si arriva, portando e riproponendo, ma soprattutto accettando condizioni abitative e lavorative da sfruttamento. E più si accettano e più si diffondono, mentre in realtà qui è possibile dire di NO! e cercare altre opportunità.
“Quale pregiudizio verso gli italiani dovrebbero abbandonare i tedeschi e viceversa”
Che siamo “temperamentvoll” cioè pieni di temperamento, usato di solito con molto affetto, ma che appiattisce forse il nostro modo di essere e il contenuto della nostra comunicazione!
Recentemente presso un ufficio che mi stava chiedendo per la terza volta gli stessi documenti ho provato a imitare il modo diretto e chiaro che vedo usare dai tedeschi quando hanno da fare un reclamo, per me molto forte ma che non li scompone minimamente, esprimendo al dipendente la mia contrarietà per la disorganizzazione e il tempo che avevo perso a causa loro. Beh, l’effetto è stato molto diverso, e il mio interlocutore si è complimentato con me del mio temperamento italiano!
Noi forse dovremo abbandonare il pregiudizio che loro sono freddi. Ho lavorato per un anno in un ambiente di lavoro con soli tedeschi e ho fatto esperienza di scambi intensi e molto personali coi colleghi, ma non si è creato un legame profondo. Forse hanno solo bisogno di più tempo per questo rispetto a noi.
“Tre cose da avere per essere felice a Berlino”
Munirsi di tanto tempo libero e voglia di esplorare, una coperta da pic nic per sdraiarsi ovunque a guardare il cielo e due racchette da ping pong e una pallina, si può giocare dappertutto!
Autore: Lucrezia Butera