Incontro Monica Manganelli alla Clärchens Ballhaus, il rinomato locale aperto nel 1913 nella Auguststrasse, nel cuore di Berlino. È una bellissima giornata di sole primaverile. La sede della sua casa di produzione berlinese, la Daring House, da lei fondata assieme al suo socio Stefano Casertano, è qui vicino. Monica è scenografa, set-designer, vfx art director e regista. Come regista ha conquistato le selezioni Oscar di questo anno dopo avere vinto al L.A. SHORTS FEST con il suo corto animato “La Ballata dei Senzatetto”, e tantissimi altri riconoscimenti, tra cui meno di un mese fa anche un premio speciale ai Nastri d’Argento in Italia e la candidatura ai David di Donatello. Ma non è stato solo questo a colpirmi guardando il suo bellissimo film. Leggendo il suo curriculum sono stati il suo eclettismo artistico, la sua poliedricità ad impressionarmi. Monica arriva sorridente, ordiniamo da bere e cominciamo a chiacchierare.
– Eccoci Monica. Io leggevo il tuo curriculum: set designer, scenografa, curi gli effetti visivi sia in pre- che in post-produzione cinematografica, sei regista, lavori sia in teatro che in cinema, oltre che in pubblicità e ti occupi pure di eventi. Questa tua versatilità mi ha impressionato, è l’elemento che risalta di più. Ma cominciamo dall’ inizio. Tu sei di Parma, ti sei formata a Parma, in Italia…
Sì, completamente. Ho frequentato prima l’Istituto d’Arte Paolo Toschi di Parma, poi l’Università: mi sono laureata in Architettura e Conservazione dei Beni Culturali. Poi l’anno di specializzazione e i miei primi stage in teatro li ho fatti tutti a Parma.
– Tu sei una che sperimenta. Nella tua formazione qual è stato il rapporto tra tradizione e sperimentazione?
Io credo che per arrivare ad una sperimentazione, per poterselo permettere, sia necessaria la conoscenza della tradizione. Se non la conosci non puoi superarla. Devi sapere cosa sia la tradizione, sapere da dove veniamo, per poter poi decidere di “andare un gradino oltre”. Io ho iniziato con il teatro, anche se la mia passione è sempre stata il cinema. Sono capitata in teatro per una casualità: mi avevano parlato di questa specializzazione post laurea, e io, sebbene venissi da Parma, la patria di Verdi, non ero molto convinta. Però l’ho fatta. Ecco, ci sono entrata così nel teatro. Ho cominciato a fare l’assistente. Poi però mi sono innamorata. Ho capito che il teatro era fondamentale anche per passare dopo al cinema. Quindi mi sono fatta i miei dieci anni di gavetta…molto duri…e poi a un certo punto ho capito che non mi bastava più. Allora sono passata al cinema. Mi spingeva la voglia di sperimentare altri modi di lavorare. Ne avevo bisogno. E sono ripartita praticamente da zero nel cinema. Sono ripartita dal mondo degli effetti visivi.
– E come hai fatto a ripartire da zero?
Casualmente. Avevo staccato col teatro…ero in un momento di riflessione…anche perché secondo me è necessario per un creativo fare una pausa, vedersi dal di fuori. Avevo ricevuto un’offerta dal teatro dell’Opera di Bruxelles e contemporaneamente un’offerta da un’Agenzia di Milano che si occupa di effetti visivi nel cinema. Era la più importante d’Italia, tutti i film più importanti passavano da lì. Avevano lavorato per Matrix, Seven. Io avevo scritto loro mesi prima e si erano ricordati di me. Anche se poi in realtà quello che io gli avevo mostrato non aveva a che fare proprio con il cinema… loro avevano deciso di provare. E io tra il teatro e il cinema ho scelto di buttarmi nel cinema, che era un mondo nuovo ma in cui in fondo avevo sempre desiderato di entrare.
– Avevi già delle conoscenze tecniche nel settore degli effetti visivi?
Sapevo usare alcuni software tipo Photoshop, li avevo imparati ad usare per il mio lavoro a teatro. Per il resto, nei cinque-sei anni a venire ho imparato tante cose nuove.
– Hai imparato lavorando quindi?
Esatto. Tecnicamente in realtà cambiava solo lo strumento che utilizzavo: nella scenografia classica c’è la costruzione, invece nei film le scenografie che crei sono virtuali, si costruiscono al computer. Però la parte ideativa, creativa, è sempre quella. Era un bellissimo lavoro di squadra. Il mondo della post produzione è fatto di ruoli molto specifici, specializzati. Però io, occupandomi anche dell’ideazione degli scenari, sono passata poi anche alla fase di pre-produzione, di previsualizzazione del futuro look del film. E da lì….
– E da lì sei passata alla regia?
Esatto! Io sia al teatro che al cinema, sia in pre che in post produzione, avevo sempre lavorato a fianco dei registi. Loro, in base alle tavole preparatorie che creavo, decidevano le inquadrature, decidevano che stile dare al film, o allo spot.
– E come sei arrivata a creare questo corto animato “La ballata dei senzatetto” che ha avuto un successo mondiale? Selezione agli Oscar e tanti altri riconoscimenti tra cui l’ultimo è stato in Italia, un premio speciale ai Nastri d’Argento.
Ad un certo punto ho sentito il bisogno di mettere insieme tutte le conoscenze, le esperienze accumulate, per fare finalmente qualcosa di mio. Io che fino a quel momento avevo sempre lavorato per progetti altrui. Quando lavoravo per gli spot lavoravo a fianco di animatori 3D, di character designer. Quindi era un ambiente che conoscevo, di cui conoscevo il modo di lavorare. E insieme ad altri colleghi ci era venuta voglia di fare qualcosa di nostro. E c’è stato il terremoto in Emilia nel 2012. Io ero qui a Berlino ma è stato un avvenimento che mi ha molto colpito; è stato lo spunto per creare qualcosa di mio. Contemporaneamente c’è stato il Bando dell’Emilia-Romagna Film Commission, e nel frattempo ho conosciuto Stefano Casertano che è il mio socio qui a Berlino. Tutta una serie di coincidenze e circostanze favorevoli. Abbiamo unito le forze per provare a realizzare questo corto animato.
– E quanto ci avete messo a realizzarlo?
Sette mesi. L’animazione è molto complessa, proprio a livello tecnico. Prima io l’ho tutto disegnato…quindi ideazione, story board… Poi ognuno di noi in settori differenti si è occupato dei personaggi in 3D. Degli scenari virtuali e della regia me ne sono occupata io. Siamo andati avanti pian pianino come una catena di montaggio, fino agli ultimi due mesi in cui ci siamo occupati solo di montaggio e rendering. Il rendering è il calcolo finale scena per scena. Nell’animazione è molto complesso e ci ha preso parecchio tempo.
– E nel frattempo lavoravi ad altre cose?
No. Mi sono presa un periodo sabbatico per dedicarmi solo a questo. Ci tenevo molto. Sono una che ci tiene a fare le cose per bene.
– E poi hai cominciato a mandarlo in giro?
Sì. I primi mesi non è andata benissimo. Siamo partiti da Cannes nella sezione Short Corner. Poi dopo, nell’arco di uno due mesi, è esploso. Ha girato tutto il mondo. Siamo davvero felici.
– Complimenti! E ora ci troviamo qui a Berlino però. Io so che tu lavorasti per una produzione cinematografica internazionale qui a Berlino qualche anno fa: per il film “Cloud Atlas”, esperienza per te importantissima. Ma ora raccontaci cosa stai facendo qui e che cosa significa per te Berlino?
Di Berlino mi sono innamorata follemente dopo aver lavorato al film Cloud Atlas nel 2012. Ero venuta qui per il film. Mi è sembrato un mondo meraviglioso, stimolante. E poi Berlino è una città che mi ha accolto, come una casa. Non volevo più lasciarla. Ovviamente i miei progetti mi portavano sempre in Italia, ma Berlino è diventata la mia patria d’elezione. La mia seconda casa. A livello di stimoli culturali penso che Berlino sia impagabile per quello che ti dà.
– È un’energia che si percepisce anche solo camminando per strada secondo me, questa sensazione di poter far tutto. A me ha sempre dato l’impressione di una terra di nessuno che può diventare terra di tutti…
Infatti! Se tu hai voglia di fare, qui le possibilità ci sono, la città ti aiuta, o sicuramente ti ispira. E poi è un luogo che ti permette sia di condividere la tua esperienza con persone che vengono da tutte le parti del mondo, sia di startene da sola, per conto tuo, se vuoi. Berlino non ti giudica, ti accoglie.
– Partendo da questo spirito berlinese e riagganciandoci al discorso di prima, al rapporto tra tradizione e sperimentazione…Tu hai avuto una formazione tradizionale, ma poi hai sperimentato. Come combini insieme questi due elementi nel tuo lavoro?
Per me sperimentare in realtà è normale, è stata sempre un’esigenza. Ho bisogno di tanti stimoli, sono assetata, e a volte non mi accontento mai. La tradizione ti serve come base ma poi puoi usarla a modo tuo. E poi pensiamo agli artisti del Rinascimento: erano architetti, erano pittori, erano inventori. E infatti quello che uno impara in un’arte può applicarlo anche in un altra. Per esempio, perché non applicare il linguaggio cinematografico moderno, con tutti gli effetti virtuali e digitali che comporta, al teatro? Ed è quello che sto facendo in questa Aida innovativa per l’Associazione Opera Morlacchi di Perugia, per cui sto realizzando le video scenografie.
– Le state realizzando qui a Berlino?
Sì, qui a Berlino, presso la sede della Società di Produzione “Daring House” che ho fondato qui assieme al mio socio Stefano Casertano. Lavoriamo di base qui a Berlino. Abbiamo il nostro team qui. E quando serve ci spostiamo. Ma la base di lavoro tecnica è a Berlino.
– E quindi tu a Perugia hai trovato delle persone che hanno accolto queste tue idee innovative?
Sì, assolutamente. Il Direttore Artistico dell’Associazione Opera Morlacchi, il Maestro Daniele Tirilli che è anche Direttore d’Orchestra, voleva già da tempo proporre dei progetti sperimentali. Ed avendo delle idee comuni abbiamo intrapreso questa strada assieme.
– Quindi in Italia non è impossibile creare, sperimentare, crescere dal punto di vista artistico?
Secondo me no. È vero che ci si lamenta tanto, ma io credo che se una persona ha delle basi solide, inattaccabili, possa pian pianino trovare la possibilità di dire la sua. Io in fondo ne sono un esempio. Certo, è un percorso lungo, duro, fatto di determinazione, però non è impossibile.
– Mi fa piacere sentirtelo dire. Personalmente quello che a me dispiace, che mi fa male, è proprio questo deprimersi in Italia. Con la scusa del “tanto non funziona niente” si buttano via tante potenziali energie secondo me…energie che servirebbero magari per migliorare le cose.
Infatti. Anche perché comunque anche all’estero ti devi dar da fare, non è tutto facile. E poi io negli ultimi anni ho conosciuto diverse persone in Italia con la mia stessa mentalità e meritevoli, che ce l’hanno fatta. Certo poi ci sono anche tutti gli altri casi, che conosciamo…ma in fondo anche in Germania non è tutto perfetto. Io penso che di base, ovunque uno si trovi, l’importante sia lavorare con serietà, professionalità e determinazione.
– Allora non bisogna per forza sempre scappare per avere successo?
Io i primi dieci anni di gavetta me li sono fatti in Italia e sono stati fondamentali. Se ora sono quella che sono, una che sperimenta e che ha avuto certi riconoscimenti…è perché mi sono formata in Italia. Devo molto alla mia formazione. La scuola e la cultura italiana per me sono imprescindibili. Se poi le unisci per esempio con la cultura berlinese di cui dicevamo, con quello spirito…diventa una bomba! Si creano dei valori aggiunti mischiando le culture.
– E qui a Berlino il tuo team è composto da soli italiani?
Sì, per ora sì. Poi pian pianino ci allargheremo, con i progetti che arrivano.
– Progetti futuri?
Oltre a queste video-scenografie per Perugia, sto lavorando ad altre opere liriche per le prossime stagioni del Teatro Carlo Felice di Genova e del Regio di Parma. Preparerò infatti, per la regia di Alfonso Antoniozzi, “Anna Bolena”, “Maria Stuarda”, e “Il turco in Italia” per il teatro Sociale di Como , il Teatro Fraschini di Pavia e il Teatro Ponchielli di Cremona. Tutto questo per la stagione 2016-2017. E poi invece con la “Daring House” stiamo portando avanti di nuovo progetti solo nostri: progetti di cinema. Abbiamo appena finito il montaggio di un documentario: “Gente di Amore e Rabbia”, con la regia di Stefano Casertano; ora ci stiamo occupando della distribuzione del film, che andrà ospite in diversi Festival. E poi nel 2017 abbiamo in cantiere, sia io che Stefano, altre regie cinematografiche. Lui ha in progetto un lungo di animazione, mentre io ho in cantiere un lungometraggio di fiction, un film con persone reali. È tutto ancora in fase di preparazione. Stiamo scrivendo le sceneggiature.
Autore: Barbara Ricci