Berlino è tante cose, anche città d’arte in modo diverso da come percepiamo noi italiani il bello e così di primo acchito all’italiano non piace artisticamente Berlino.
Sono passata da “La grande bellezza” della città eterna alla Kunst di Berlin con una bella “K” gutturale e dura.
Sabato 14 aprile scorso è stata inaugurata un’opera presso la galleria d’arte di Katharina Maria Raab; ho il piacere di conoscerla personalmente: tedesca, cresciuta anche in Svizzera, dove si è formata, parla un ottimo italiano, ha un fratello che è il suo primo supporter ed è titolare dell’omonima sua galleria, Keithstraße 5, 10787 Berlino.
E’ una donna coraggiosa, perché Berlino non è una “piazza” facile e non ha le disponibilità economiche di Monaco, tanto che persino galleristi più consumati hanno deciso di rimpatriare in Italia. Katharina si distingue per la serietà e professionalità profusa nel suo lavoro, nonché per la curiosità ed entusiasmo nell’interessarsi ad ogni forma d’arte e l’indipendenza con cui porta avanti i suoi progetti. A gennaio scorso ho conosciuto in questo luogo dello spirito David Krippendorf, un artista, col quale rimango a parlare delle opere allora esposte: ha una doppia cittadinanza (padre tedesco e madre americana) e parla ottimamente l’italiano. Ciò si giustifica col fatto che ha vissuto e studiato a Roma. Ci ritroviamo a parlare del regista Sorrentino e del suo ultimo film, che gli è valso un premio Oscar. La fotografia è eccezionale ed ecco che David sentenzia: “In Italia la Bellezza ti coccola, ti vizia, mentre in Germania, a Berlino il paesaggio urbano e il clima ti abbattono. E’ una realtà molto più dura.”. Sbam! Colpita e affondata, come nel gioco della battaglia navale.
Avevo percepito, sentito, ma mai messo così nettamente a fuoco, come mi invitano ora a fare le parole di David: strabuzzo gli occhi, deglutisco e vorrei solo abbracciarlo di gratitudine, per aver dato una voce alle emozioni, per molti versi sofferte, vissute in questi anni. Io che avevo tra il 9 e il 10 in storia dell’arte al Liceo, io che mi beavo per le vie di Roma o nei musei per angeli di pietra e Madonne ieratiche, qui a Berlino ho ricevuto da subito una cd. “mannaiata sulle gengive” di difficile assorbimento. Mi è cambiato il gusto e ora, che ho vissuto in questa città, posso dirvi che ne apprezzo gli spazi ampi e le architetture ultra moderne, è tutta proiettata verso il futuro: il razionalismo di Postadmmer Platz, l’avveniristico del Sony Center, il giallo deciso della Philharmonie, l’intimità di Viktoria Luise Platz, la maestosità del vialone 17. Juni, gli scenari postindustriali del Kraftwerk. Il nostro artista americano-tedesco ha un cuore con una musicalità italiana, non solo perché accompagnato a un’italiana, ma perché le sue opere trasudano la nostra cultura e anche prospettiva artistica. L’opera, cui ho fatto cenno agli inizi, è proprio un cortometraggio ispirato all’opera Aida di Giuseppe Verdi. questo film s’ intitola “Nothing Escapes My Eyes” (2015) e “parla di una silenziosa trasformazione di un luogo e di un essere umano… è stato ispirato dalla famosa opera Aida, per rappresentare in forma metaforica i problemi attuali di identità culturale, perdita e le pressioni per conformarsi….Il film combina questa alterazione urbana con la dolorosa trasformazione di una donna (l’attrice Hiam Abbass) nel processo di eliminazione di un’identità per un’altra. Senza dialoghi, il film è sostenuto da un estratto musicale di Aida di Verdi i cui testi esprimono le difficoltà di essere fedeli al proprio paese e alla propria identità culturale. La trasformazione personale e urbana affronta questioni di identità, perdita e disorientamento come risultato del colonialismo storico e della globalizzazione contemporanea.“.
In generale un italiano è esposto sin da piccolo ad una bellezza morbida, solare avvolgente: l’Italia detiene il primato (da molti contestato in termini statistici) delle bellezze culturali, artistiche ed architettoniche, mondiali.
E’ bello ciò che è buono nella cultura classica, di cui siamo eredi e di cui la nostra cultura è imbevuta. Lo si percepisce anche in alcune frasi gergali romanesche: “Me suda anche il ciborio !“, come era solita dire la Sig.ra Alfonsina, Nonna del mio amico Sandro. Un qualcosa di “non lindo e pinto”, come un caldaccio che fa che sudare, viene avvicinato ad un elemento architettonico delle chiese, una delle parti più importanti, il ciborio appunto.
Anche Sandro è un artista, un po’ visionario, studente di disegno, si occupa di body art, perché è tatuatore. Nei suoi discorsi mi illustra la sua Weltanschauung, anche in riguardo dell’arte, e mi colpisce in particolar modo una frase, tra le tante, all’apparenza banale: “I colori sono belli in tutte le sfumature“. Ecco questa la leggo come una metafora della mia esperienza del Bello tra Roma e Berlino, colori nettamente diversi e con molte sfumature, ma entrambi belle, anzi bellissime, perché alla fine -secondo me- il bello, come godimento di esso è universale…
Autrice: Violetta
DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli