Tempo fa è circolata insistentemente questa vignetta su Facebook e mi è piaciuta subito, perché sintetizza talvolta il fatto che non è il problema di per sé ad essere il problema, ma come lo si affronta.
Da parte mia ho deciso volontariamente di entrarci nel tunnel, quello del vento, cioè un simulatore di caduta libera, Aero Gravity a Pero nel milanese: ideato nel 2007, viene alla luce quest’anno, trattasi di paracadutismo indoor. Mi ci ha portata una persona a me cara, poi chissà se un domani avrò curiosità di un’esperienza outdoor.
Entro in contatto con Matteo C., disponibilissimo, che mi affida -lavorando là- direttamente al suo capo, il proprietario e gestore della struttura nel genere più grande del mondo, Sandro Andreotti , istruttore di paracadutismo, pilota d’aereo, già alpino paracadutista a Bolzano, due figli, oltre 9.500 lanci, campione italiano nel settore.
Confesso che la cosa che mi lascia un poco attonita è come, semplicemente stando in silenzio ad ascoltare ciò che mi spiegava come introduzione a tale esperienza, tratteggia la mia personalità con un paio di aggettivi piuttosto azzeccati ed indovina pure il lavoro che svolgo…manco c’avesse la sfera di cristallo!
E’ molto analitico, mi spiega la diversa filosofia tra il paracadutismo indoor ed outdoor, nonché cosa andremo a fare con una serie di esercizi specifici ed il gergo gestuale per interagire dentro questo magnifico tubo di cristallo di 8 mt (circa 21 mt totali che si sviluppano in altezza per un diametro di oltre mt 5), poi mi accompagna a scegliere una tuta e con un gesto di grande cura della mia persona mi aiuta a ad indossare il casco correttamente e sotto i tappi per le orecchie, in quanto ci sono sei turbine da circa 2400 cavalli di potenza a ricreare un flusso in caduta libera fino ad arrivare ad una velocità di oltre 300 Km/h…un discreto e gradevole concerto.
Mentre aspetto il mio turno mi incanto, mi imbambolo, sorrido, dico tra me “bello, bello, belloooo“, mi sento una pupa, come già mi era successo osservando alcuni video di un gruppo di paracadutisti che si esercitavano nel cd. RW (“relativ work“, la disciplina più coreografica nel paracadutismo sportivo a mio gusto). Saranno i miei trascorsi di danza classica, ma questa danza lieve nell’aria letteralmente mi strega e mi emoziona intimamente. Osservo poi un gruppo di militari esercitarsi anche con più sacche del paracadute, sulla schiena e qualcosa anche in mezzo alle gambe, per ottenere una completa simulazione di ciò che saranno chiamati a fare…Andreotti ha pensato anche a questo.
E’ il mio turno, alzo il mento, mani in avanti, faccio un balzello andando in spinta con le ginocchia, entro nel flusso e mi libro nell’aria: inizialmente non ci capisco molto, sensazioni nuove, il flusso investe potente il mio corpo, poi seguo alla lettera cosa mi segnala Sandro e mi sensibilizzo un pochino, inizio a percepire come una nuova dimensione del mio corpo, qualcosa di sconosciuto, ma potente…riesco persino a girare su me stessa e faccio quindi dei giri a 360°.
C’è anche un dopo, il cd. debriefing, in quanto Sandro mi ha ripreso con una telecamera GoPro ed anche questa volta è analitico fino allo spasimo, come piace a me
Mi doccio ed, andandomene, mi riprometto di provarlo anche a Berlino, dove sta per aprire un altro tunnel, l’Hurricane Factory. Anche qui massima disponibilità delle manager Natasha ed Alessandra, mi rispondono via e-mail pure in notturna, carinissime: sarò la prima ospite a volare lì all’apertura al pubblico delle 9.30 del 19 luglio scorso. Arrivo nella ridente Schoenefeld, località del Brandeburgo, attaccata a Berlino e trovo il proprietario Ralph in tuta da lavoro e pennello in mano.
Mi guarda interdetto, da parte mia saluto “Guten Morgen !“, gli viene sospetto che sia lì intenzionalmente: “Moechten Sie fliegen ?” (“Desidera volare ?“)…rispondo con un sorriso a 72 denti: “Stimmt, genau, ich hab’ einen Termin mit Natasha gebucht” (“Certamente, ho preso appuntamento con Natasha“).
Anche qui vengo coccolata: tuta, casco (anche se non integrale), occhiali…nota di colore: “Udo, bitte, gibt es keinen Spiegel in der Toilette” (“Udo, scusa, non c’è lo specchio in bagno“, n.d.r. del resto hanno appena aperto)…con ironia crucca: “Brauchen Sie einen Spiegel zu fliegen?” (“Ha bisogno dello specchio per volare ?”)….ridiamo di gusto all’unisono e gli vorrei rispondere alla Marchesini “perché siccome che so’ ciecata…“…interviene Natasha che capisce al volo che ho bisogno di indossare le lenti a contatto e mi aiuta col suo specchietto personale. L’altra manager italiana, Alessandra, mi presenta Lukas, il mio coach proveniente dalla Cechia, giovanissimo, anche lui mi spiega gli esercizi un po’ in tedesco, poi optiamo per l’inglese: mi avvicinerò e gli prenderò le mani, farò dei tonneau (rotazione sul mio asse longitudinale del corpo), mi sposterò in laterale allungando un braccio e richiamando l’altro al petto…mi sento quasi Uma Thurman in una danza tipo in “Pulp fiction”, soprattutto me la rido, anche se sbatacchio spesso e perdo il controllo di me stessa.
Faccio dieci sessioni da circa due minuti, il debriefing è immediato su schermo fuori dal cilindro (questo mi piace molto meno rispetto all’Italia), trovo inoltre il flusso molto meno uniforme rispetto a quello in Italia a parità di velocità (in entrambe le situazioni sono stata sempre attorno ai 140 Km/h…del resto sono principiante) e a fine fine lavoro mi danno un librettino dove registrare la mia attività (cosa che non ho avuto in Italia).
Concludo con un buon espresso nel piacevole bar della struttura. Marc l’operatore della cabina di regia scherza un po’ con me e mi scarica i video della telecamera montata su un treppiedi sulla mia pennetta USB.
Scopro, con un poco di delusione personale, che Lukas non ha esperienza di outdoor, a parte un cd. lancio tandem, …uff, io che speravo in ulteriori racconti ed esperienze…amen. Scende Udo, che mi chiede se mi sono divertita e mi scatta una foto…giudicate voi, direi che il mio sorriso parla chiaro!
Ho finito le mie cose, ma sono attratta da due paracadutisti tedeschi, lui e lei e mi fermo a contemplare – di questo si tratta- la loro performance, sono degli esperti. Lui “danza” nell’aria di schiena e si accompagna al suo coach, ascende ed io di nuovo mi incanto e penso tra me cose bellissime, anzi “bellerrime”.
Poi viene il turno della donna, scendo le scale e mi avvicino al cilindro di cristallo, siamo una di fronte all’altra, ci guardiamo dritto fisso negli occhi magneticamente, la sua determinazione mi mette a nudo, mi fa quasi paura: s’inginocchia con una sacralità straordinaria, si mette a testa in giù, posiziona gambe e poi braccia ed ascende, ruota su stessa eterea, poi é un attimo e si rompe l’incanto…non ho avuto modo di fotografarla, tanto ero rapita ad ammirarla. Escono dal tunnel e confesso che origlio il debriefing in tedesco…guardo l’orologio “porca l’oca, quanto è tardi, rischio di perdere l’aereo per l’Italia“.
Concludo proprio riprendendo dalla vignetta iniziale. L’espressione “uscire dal tunnel” significa comunemente uscire da una situazione difficile, problematica ed angosciosa a vario titolo ed allora, non solo se vogliate praticare paracadutismo indoor, ma proprio come forma di ulteriore conoscenza di muscoli sconosciuti perché inutilizzati, ma soprattutto di voi stessi, vi suggerisco caldamente di fare questa esperienza semplicemente meravigliosa ed anzi di proporla ai vostri figli proprio sulla scorta di un dialogo con Andreotti, che parla del fattore età come solamente incidente sulla capacità di apprendimento del soggetto che si approccia a questa esperienza. Dice anche che le donne sono più rapide nell’apprendimento…vabbé un mero atto di galanteria italica forse…anche se la stessa compagna di Sandro è pure lei un’apprezzata paracadutista nel settore !
E così mi viene in mente quell’epico manga giapponese “Ghost in the shell“ e questo video qui sotto mi ricorda alcuni movimenti leggeri nel tunnel che ho ammirato…
Dove “Ghost“, non va tradotto come “fantasma“, quanto come “Spirito, Anima“, così come ugualmente il termine tedesco “Geist“. Questo è stato per me il tunnel del vento non solo un’esperienza propriamente corporea e sportiva, ma anche molto personale e sensoriale in entrambe le circostanze.
Insomma per dirla alla maniera dello scrittore giapponese Murakami: “Ciò che è fuori di te è una proiezione di ciò che è dentro di te, e ciò che è dentro di te è una proiezione del mondo esterno. Perciò spesso, quando ti addentri nel labirinto che sta fuori di te, finisci col penetrare anche nel tuo labirinto interiore.” ( dal romanzo “Kafka sulla spiaggia“). Modifichiamo il termine labirinto con tunnel e…il gioco è presto fatto !
Ecco perché, in conclusione, mi sento di consigliare vivamente il tunnel del vento, tanto in Germania, tanto in Italia, qui con il bravissimo Sandro Andreotti ed il suo staff.
La nota dolente ? L’unica: il giorno seguente il mio corpo era davvero indolensito, ma la faccenda vale proprio questa piccola pena.
Autore: Violetta
DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli