L’anno si è aperto per la nostra redazione con un lieto evento: la nascita della piccola Elisa!
Ed il mio pensiero è stato segnato, nella giornata del 3 gennaio, non solo da questo bellissima notizia, ma anche dal voto in Islanda, il cui parlamento per la prima volta al mondo ha varato una legge per la perfetta eguaglianza salariale tra i sessi. L’obiettivo è cancellare entro il 2022 il “gender pay gap“. Proprio ieri si è conseguentemente aperto un dibattito sulla stampa italiana, e non solo, sulle differenze retributive tra uomini e donne: secondo i rapporti del Censis le donne in Italia guadagnano il 33% in meno degli uomini a parità di posizioni lavorative medio-alte.
Mi sembra di aver già accennato alla mia esperienza nelle Volkshochschulen per l’apprendimento della lingua tedesca. Ebbene l’attuale corso che frequento è tenuto da un’energica e giovane insegnante, che ha già lavorato in ogni angolo del mondo, tra cui Cile, Cechia ed anche in Islanda e di quest’ultima terra ne parla sempre con grande entusiasmo. Di recente proprio con la classe, composta al 95% da donne, ci siamo ritrovate intorno ad un tavolo per un brunch natalizio a parlare di tutto, tra cui i temi del lavoro femminile in: Marocco, Russia, Siria, Polonia, Italia e Germania. Ascolto, registro l’esperienza tedesca tra cui le misure a sostegno della madre lavoratrice e partoriente con taglio cesareo, per la quale lo Stato eroga i seguenti aiuti di: donna delle pulizie, l’ostetrica personale e poi puericultrice del pupo (Hebamme) e massaggiatrice, incamero, riferisco a mia volta le esperienze italiane, appena, appena diverse e mi sento per tutta risposta dalla mia insegnante: “Eh, ma le donne tedesche hanno lottato duramente per i loro diritti…“, evito di aprire un ulteriore dibattito a riguardo sia per non turbare l’aria di festa, sia perché banalmente mi manca un appropriato Wortschatz (letteralmente “Tesoro di parole”, cioè vocabolario).
Effettivamente le donne tedesche si sono battute e, sempre ieri, ricorreva anche l’anniversario di compleanno (il 161°) di EMMA IHRER, tedesca, nata in una famiglia cattolica di calzolai, diviene sindacalista e fonda nel 1881 -una volta trasferitasi a Berlino- l’Associazione di soccorso delle donne lavoratrici manuali. Nel 1885 fonda poi assieme ad altre “femministe” l’Associazione berlinese per la salvaguardia degli interessi delle lavoratrici, un’associazione di sostegno che supera le 1000 adesioni. L’associazione, che presta gratuitamente servizi medici e legali, viene purtroppo sciolta dopo un anno dalla polizia, che la sorveglierà continuamente per la sua attività politica, fino a perseguitarla.
Partecipa all’Internazionale Socialista del 1889, prima donna eletta, con 6 uomini, nel Comitato Centrale dei sindacati tedeschi. Conduce la battaglia per la parità di diritti fra lavoratrici e lavoratori. La città di Monaco la ricorda anche dedicandole una strada.
Da noi, una delle prime femministe in Italia è stata la milanese Anna Maria Mozzoni, che interviene al Congresso internazionale per i diritti della donna del 1878 a Parigi e fonda l’anno seguente a Milano la “Lega promotrice degli interessi femminili“, battendosi per i diritti: al voto, all’istruzione, all’accesso alle professione e agli impieghi, e per una riforma del diritto di famiglia.
Altra figura di spicco In Italia è la veneta Elisa Salerno (1873-1957), che dirige dal 1909 al 1927 il giornale “La Donna e il Lavoro“, in cui combatte tutto ciò che ostacola la dignità femminile, offrendoci un messaggio modernissimo: un invito a tutte le donne a decidere e a decidersi.
Altra veneta da ricordare è Angelina (detta LINA) MERLIN, politica ed insegnante italiana, di formazione cattolica, si é spesa -volendoci limitare al tema lavoro- per la definitiva abolizione della cd “clausola di nubilato” nei contratti di lavoro, che imponeva il licenziamento alle lavoratrici che si sposavano (legge del 9 gennaio 1963 n. 7).
Ecco questo avrei voluto dire alla mia amata insegnante: anche le italiane si sono spese per i diritti delle donne lavoratrici e si sono anche distinte per il loro lavoro sia sotto il profilo di altissimi livelli artistici ed artigianali, sia manageriali, partendo da una piccola cittadina in provincia di Parma sino a giungere ad Hollywood, mi riferisco all’Opera sartoriale delle SORELLE FONTANA, Zoe, Giovanna e Micol. Sono personalmente molto legata alla figura di Micol per il grande temperamento dimostrato nel sapere affrontare i rovesci della sua vita privata, dal naufragio del primo matrimonio per le intemperanze del marito alla prematura morte dell’unica figlia, Maria Paola.
Le sorelle Fontana non hanno solo vestito nobili italiani ed attrici americane, quali Linda Christian (moglie di Tyron Power), ma hanno fatto splendere anche le hostess dell’Alitalia tra gli anni ’50 e ’60 con delle eleganti e sofisticate divise….altro che quelle di Ettore Billotta con tanto di calze verdi, stile Tannenbaum…
E a questo punto mi piace ricordare un altro grande italiano, ADRIANO OLIVETTI, imprenditore, editore, intellettuale, noto per l’industria delle omonime macchine da scrivere dell’epoca, concepisce la fabbrica a servizio dell’uomo e non il contrario, ispirando la sua opera quindi al rispetto e al progresso del lavoratore e della lavoratrice. Le condizioni del lavoro femminile in Olivetti, negli stabilimenti di Ivrea, sono molto diverse dal resto d’Europa: gli ambienti di lavoro sono assai più moderni e gradevoli; l’organizzazione dei processi produttivi è abbastanza flessibile e attenta alle esigenze personali delle lavoratrici; in fabbrica non si segnalano particolari discriminazioni tra lavoro femminile e maschile, mentre l’articolato sistema dei servizi sociali offerti dall’Azienda contribuisce a migliorare la condizione del lavoro della donna, offrendo una più facile soluzione dei vari problemi legati alla maternità e all’infanzia.
Forse proprio al fine di dimostrare in modo inequivocabile che le fabbriche Olivetti sono all’avanguardia anche nella tutela e non-discriminazione del lavoro femminile, nel giugno 1962 la Direzione aziendale incarica il fotografo Ugo Mulas di realizzare un servizio sulla donna in fabbrica. Del resto il figlio del proprietario, Adriano, aveva iniziato la sua esperienza proprio dal basso, nei reparti di fabbrica.
In tale contesto fa breccia come prima donna manger italiana degli anni ’60, Marisa Bellisario, che, raccontando la sua esperienza di lavoro in Olivetti General Electric, ricorda ripetutamente quanto la sua presenza rappresentasse un’eccezione, tanto che le riunioni iniziavano con la frase: “Gentlemen and Marisa…“.
Per concludere quindi alla maniera della teologa e scrittrice tedesca Dorothee Sölle (1929-2003), l’uomo e la donna devono lottare insieme contro il sessismo e le forme autoritarie…
Autrice: Violetta
DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli
Benvenuta, Elisa, con affetto,
Violetta