Ci sono vari “angeli” in Germania: non solo Cassiel e Damiel nei films di Wim Wenders a portare in terra messaggi di amore e pace, la Cancelliera “Angela” ad esser faro di stabilità politica in Crucconia, ma anche quello del “Siegessäule” (“Colonna della Vittoria“) a Berlino, una colonna di granito rosso, su cui troneggia un angelo dorato trionfante e commemorativo delle vittorie tedesche sui francesi ed austriaci nell’Ottocento ed in pochi sanno che l’artista si è ispirato ad un monumento italiano !
Monumento tanto caro ieri al nazionalsocialismo che lo fece spostare su di un asse ideale con la Porta di Brandeburgo, quanto oggi simbolo della comunità gay di Berlino.
E’ il mio faro ideale nel lungo e grigio inverno prussiano: quando mi sento giù, percorro fisicamente o anche solo mentalmente il vialone 17. Juni e contemplo quell’angelo dorato, che sempre mi rassicura del fatto che per apprezzare il sole bisogna conoscere l’ombra.
Ma chi è l’angelo ? Il significato antico di questa parola è “messaggero” tra il divino e l’umano, secondo la deifinizione di wikipedia: ” è al servizio dell’uomo lungo il percorso del suo progresso spirituale e della sua esistenza terrena“.
Mi sento una persona fortunata, perché ne ho incontrati già diversi sia in Germania, sia in Italia.
Di recente ne ho incontrato uno speciale in Italia, quando ho accompagnato una persona a me molto cara a fare un cd. lancio tandem con un paracadute sportivo in quel di Terni (Umbria), presso l’associazione sportiva dilettantistica: www.the-zoo.it. La mia amica è stata spinta da varie circostanze: principalmente voleva fare una cosa bella solo per sé, poi suo padre l’aveva messa su di un paracadute d’acqua a dieci anni in Grecia con suo immenso divertimento, suo nonno era ufficiale nella regia aeronautica italiana d’istanza a Potsdam durante la seconda Guerra Mondiale, sempre suo padre ha prestato servizio nei V.A.M., ammirava una sua amica d’università che si lanciava a Rieti con dei paracadutisti militari, anche un suo fidanzatino dell’epoca praticava paracadutismo sportivo e così la mia amica sentiva dentro di sé la certezza che prima o poi l’avrebbe fatto anche lei.
Ho visto la sua faccia appena ha toccato terra esclamare: “bellissimo, bello, bello, bellooooo….”. Confesso che mi sembrava un’ebete, ma l’amico è quello che ti sta accanto senza giudicarti, pronto ad allungarti la mano quando ce ne è bisogno. Così mi ha chiesto quando possibile di accompagnarla e con immenso piacere l’ho fatto.
Devo confessare che mi si è aperto un mondo (ce ne sono tanti secondo me), fino ad oggi sconosciuto e molto bello. L’altro angelo é il suo istruttore, Alessandro Di Giacomo (www.airtoair.it e www.romaskydive.it/alessandro-di-giacomo/), noto nell’ambiente semplicemente come “Digia“: istruttore di paracadutismo senior AFF (“Accelerated Free Fall“), già carabiniere appartenente alla 1° Btg. Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” a Livorno, oggi impegnato professionalmente in questa attività che non è solo propriamente sportiva, padre di quattro figli, un concentrato di positività al cubo, anzi elevato alla “n”, tanto che la sua filosofia di vita é: “L’amore che vince, il male che perde !”. Quest’uomo è da quel che ho potuto capire e dai racconti della mia amica “un pastore di anime” e l’ambiente in generale mi è sembrato una sorta di “nuovo oratorio salesiano“: qualsiasi tipo di insegnamento è sempre un po’ così, cioè frutto non solo di tecnica affinata su campo con quasi 7.000 lanci col paracadute da parte del predetto angelo, ma anche il portato delle nostre esperienze personali, siano esse lavorative, familiari o altro. Bisogna essere un poco empatici, per capire, anzi sentire, chi si ha davanti e il meglio che si possa tirar fuori da quell’allievo. Questi a sua volta impara non solo qualcosa di nuovo in sè, le basi del paracadutismo in tal caso, ma soprattutto qualcosa di se stesso, delle proprie possibilità e dei propri limiti. Spesso poi si impara di più proprio dalla conoscenza di questi ultimi e da una sconfitta. Ecco la mia amica mi ha raccontato (quella volta ero a Berlino e quindi non ho potuto essere con lei) di essere stata sotto shock fisico e mentale per circa una settimana dopo non essere riuscita a gestire un livello del predetto corso: è andata in avvitamento di spalle ad una velocità in caduta libera di circa 180 Km/h o più e non è riuscita ad aprire il suo paracadute, tanto che glielo ha dovuto aprire l’istruttore. Le ho chiesto: “E poi che hai fatto ? L’istruttore che ti ha detto ?” e lei: “Mah, Digia, mi ha detto lo stesso -Brava ! Aho, ma ti sei lanciata giù da un aereo a 4.200 mt…- ti confesso poi che ho pianto parecchio da sola la notte del fattaccio anche per i dolori al corpo e non sapevo francamente se mi sarei rimessa in decollo. Ho deciso quindi che avrei ritentato soltanto quel terzo livello e basta. Ho pensato che non dovevo per forza finire il corso, ma soltanto rimettermi di fronte a me stessa e a quel problema, non c’erano santi, doveva essere così, come in passato avevo fatto in altre diverse circostanze. Il mio Istruttore non mi ha mai mollato fisicamente e soprattutto psicologicamente, altri mi hanno piantato in asso, ma Lui no, Digia, non lascia nessuno col di dietro a terra”.
Vabbè l’ascolto, capisco il suo punto di vista, mi riprometto di esserci la volta successiva… nel frattempo lei é riandata, buon segno dico tra me, ha reagito qualunque sia l’esito, pure se non finisce il corso…” ‘sti cazzi alla Osho“: l’importante è l’agire la Vita, non subirla, non sopravvivere, quanto invece vivere e vivere bene, ché ne abbiamo in dono prezioso una soltanto su questa terra.
Nel zuzzurellare nuovamente nell’ambiente, riaccompagnandola, nell’ascoltare i discorsi degli altri ed anche i suoi naturalmente inizio a vedere alcune cose in altro modo: molti di questi paracadutisti appartengono all’Esercito italiano, ai Carabinieri, alla Polizia di Stato e scopro dal vivo, di prima mano, una dimensione morale che è totalmente altro da come viene molte volte viene narrata e tratteggiata dai giornali nazionali, nello specifico ciò che mi ha colpito è il senso di altissima reponsabilità della Persona, dell’allievo nel nostro caso, tanto che non lo mollerebbero mai, assieme allo spirito di gruppo con una dimensione molto bella di onorabilità e di intelligente umiltà. La mia amica mi parla e mi fa conoscere, oltre a Digia, Mauro, Fabio, Fausto, Roberto, tre fratelli caramba pure loro, altri due mascherati tipo Batman (pare si chiami “tuta alare“…come quella che indossa il Digia nella foto qui sotto)
che le offrono consigli in decollo e le controllano la capsula (non mi chiedete di spiegarvi cos’é, bitte, nonsono in grado). La mia amica mi confessa che preferisce volare con accanto un militare, anche se ha ricevuto tanto anche da chi non lo è: un sorriso, un abbraccio, un veemente consiglio, un invito ripetuto in aereo a respirare, qualcuno che le ha dedicato molto tempo ad ascoltarla con pazienza quasi da filosofo, il generoso gruppo dei napoletani e quel bambino di allora sette anni folgorato da questo sport al punto che successivamente è emigrato in Germania per avere i mezzi per praticarlo. Ecco l’altra cosa bella di un qualsiasi sport è che riunisce attorno a sè, nel senso più sano del termine, un gruppo di persone anche molto diverse tra loro per percorsi personali, lavori e gusti, ma accomunate da qualcosa che si chiama Passione e che va a braccetto con la Vita. Questa secondo noi (la mia amica ed io) dovrebbe essere una buona base di unità di valori e scopi non solo entro i confini domestici, ma anche in Germania o in altri luoghi, un qualcosa che va oltre tanti schemi, divise, tessere di partito, pezzi di carta con cui ti ci puoi pulire, se poi non sai stare al mondo e godere di tanta Bellezza naturale ed umana.
Rimaniamo aperti al mondo…non è mai troppo tardi per nulla o quasi !
E così mi viene in mente la frase finale del film “Marigold Hotel“:
Ho parlato molto dell’Italia e della mia amica, ma voglio precisare che lei è un’italiana qualsiasi, che come me condivide l’esperienza tedesca, anch’essa una prova cui è sopttosposto ogni emigrante per conoscere se stesso, i propri fallimenti e le proprie risalite nell’assoluta consapevolezza che c’è sempre almeno un angelo sul nostro cammino, ad ogni latitudine geografica, a darci una mano.
Mi sa tanto che stavolta mi tocca sconfessare i miei amatissimi Rammstein, quando nella bellissima canzone “Engel” (“Angelo”) sostengono:
“Sie leben hinterm Sonnenschein
getrennt von uns unendlich weit
sie müssen sich an Sterne krallen (ganz fest)
damit sie nicht vom Himmel fallen“.
“Vivono [n.d.r. gli angeli] dietro la luce del sole
separati da noi, infinitamente lontani
devono aggrapparsi alle stelle (molto saldamente)
per non cadere dal cielo“.
Autore: Violetta
DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli