La Neue Nationalgaleire di Mies van der Rohe rimarrà chiusa per ca. cinque anni a causa dell’improrogabile restauro, dopo ca. 50 anni dalla sua apertura al pubblico. Per non rimanere inattiva tanto a lungo, l’istituzione ha trovato uno spazio nell’ala occidentale della Hamburger Bahnhof, dove con cadenza semestrale si terranno mostre, che permetteranno di vedere piccole porzioni del suo patrimonio artistico, per la maggior parte forzatamente parcheggiato in deposito.
La prima di queste mostre si intitola “Die Schwarze Jahre” prendendo spunto da un dipinto di Karl Hofer che ne è diventato l’icona. La mostra illustra la storia del periodo artistico tra il 1933 e il 1945, cercando di dare uno spunto per letture molteplici e sovrapposte del periodo, raccontando storie di artisti ed opere d’arte negli anni peggiori della Germania del secolo scorso.
La mostra si apre con una serie di 15 opere italiane di pittori allora emergenti tra cui De Chirico, Casorati, Mafai, Sironi ecc. uno scambio di opere in collaborazione col governo italiano, organizzato nel 1932 dal primo direttore della sezione moderna della Nationalgalerie, Ludwig Justi. Questo straordinario personaggio fu il primo direttore di una galleria nazionale a raccogliere, dopo la prima guerra mondiale, opere di arte allora contemporanea, costituendo una formidabile galleria di piú di 600 opere dall’espressionismo tedesco al cubismo. La mostra delle opere italiane aprì pochi giorni dopo la presa del potere da parte del partito nazionalsocialista, Göring tenne un discorso entusiasta sulle le opere esposte, che probabilmente ispirarono i principi artistici di un realismo pacificato e arcadico-eroico prediletto dal nuovo regime nazista.
Il direttore Justi venne immediatamente licenziato per incompatibilità ideologica col nuovo governo.
La seconda sezione presenta alcuni esempi della cosiddetta “Entartete Kunst” (arte degenerata) aborrita dalla nuova dittatura, mentre la terza presenta esempi dell’arte supportata dai nazisti. L’interesse di questa mostra è però nell’accumularsi di “storie” legate agli artisti e alle opere stesse. Storie di personaggi di prima grandezza della scena artistica come per esempio Emil Nolde, che nonostante sequestri e proibizioni ad esercitare la propria arte, cercano di introdursi nei meccanismi del nuovo potere, arrivando a rinnegare rapporti familiari come fece Karl Hofer, pur di non nuocere alla propria carriera. Solo la loro arte, nella sua inconciliabilità colla nuova ideologia, li salva talvolta da ulteriori imperdonabili compromessi.
Storie di artisti le cui opere vengono messe all’indice nella mostra “Arte degenerata” e altre, talvolta dello stesso artista, premiate nella mostra “Deutsche Kunstausstellung” per arte conforme all’ideologia nazionalsocialista.
Storie di opere che vengono nuovamente dipinte dagli stessi autori perché l’originale era stato danneggiato o distrutto dai bombardamenti, o come nel caso del dipinto “Grosses Requiem” di Erwin Hahs del1944, in cui il pittore dipinse dapprima un ritratto di Hitler tra immagini di distruzioni belliche per una scuola della provincia prussiana, appena consegnato il ritratto venne frettolosamente restituito per paura di accuse di disfattismo, infine l’artista ridipinse l’effige del dittatore con figure simboliche sulla catastrofe bellica e di sapore lontanamente metafisico. Questo dipinto è ora mostrato a fianco alla sua radiografia in cui si intravvede chiaramente il ritratto negato.
Storie di uomini, di opere d’arte e di eventi, che vanno a formare un racconto tutt’altro che lineare e semplice, al contrario, pieno di contraddizioni, di tristi rese a un’ideologia ferigna e di coraggiose anche se piccole vendette verso una censura cieca e molto spesso ignorante.
Il realismo talora agreste talora eroico, amato dal nazismo, si distacca fortemente dall’espressionismo e dall’astrattismo, eppure opere come nel caso della statua “Herabschreitend” di Georg Kolbe lasciano pensosi, tra la dimensione eroica del bronzo e l’espressione assente e indefinibile del viandante.
Questa è la prima di una serie di mostre, che speriamo continuino a costringerci ad interrogarci sul percorso contorto complicato e molto spesso contraddittorio della storia dell’arte e dei suoi protagonisti.
INFO: Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart – Berlin
Autore: Marco Vivori