Berlino offre un panorama di mostre gigantesco e di ottimo livello, ma qualche volta riesce a superare se stessa e ad offrire qualcosa di sorprendente anche per palati viziati.
Dall’11 settembre al 10 gennaio al Martin Gropius Bau è in mostra una scelta di opere della collezione Würth, una delle più straordinarie e richhe collezioni private tedesche.
Chi qualche volta ha dovuto fare lavoretti in casa (sport nazionale in Germania) ha sicuramente usato utensili, tasselli, viti e altro della Ditta Würth.
Questa è una società a proprietà familiare che ha avuto uno sviluppo straordinario negli anni 60-80 del secolo scorso. Il patron Reinhold Würth ha investito somme cospicue dapprima in una raccolta di opere contemporanee curata personalmente, andando a conoscere gli artisti e frequentando i loro atelier, poi acquistando anche opere del passato fino all’acquisto degli elementi rinascimentali che coronano la collezione trasformata in un museo.
In totale la collezione conta ca. 17.000 opere distribuite in 14 località diverse in Europa, ma che vede il suo centro in Schwebisch Hall, piccola città nel Baden- Würtenberg, sede anche della fabbrica da cui è partito l’impero.
A Berlino sono esposte ca. 435 pezzi, dalla Madonna di Holbein a opere plastiche di A.Caro o J.Tinguely, un esplosione di opere tra cui molte poco conosciute e di artisti talvolta poco noti al grande pubblico, ma sempre di alto valore artistico.
Si inizia dal cortile centrale in cui è esposta l’ opera colossale ” Il giudizio universale” di Antony Caro, che nella sua ermeticità suscita comunque una grande emozione, passando poi per la “Wunderkammer” (Gabinetto delle meraviglie) in cui è esposto in un fuoco d’artificio straordinario opere di oreficeria rinascimentale di qualità eccelsa, accostate a opere di Picasso, Munch, Baseliz, Nolde, Fontana e altri artisti.
Da qui si diparte una serie di sale che conduce alla Madonna di Holbein, un dipinto rinascimentale mozzafiato, che coniuga la minuziosità della ritrattistica tedesco-olandese con le influenze italiane importate in Germania da Dürer. Non si riesce a staccarsi dai ritratti dei familiari dei committenti, tanto questi sono attuali ancor’oggi.
Riattraversata la Wunderkammer si percorre un viaggio nel tempo, dall’Ottocento fino ai nostri giorni, attraverso paesi diversi tra cui le straordinarie opere messicane, Max Ernst, Picasso, gli Espressionisti tedeschi fino ad arrivare alle quattro stagioni di Hokney, straordinarie nell’uso pirotecnico del colore.
Al piano superiore molte opere di scultura tra cui l’inquietante “Innocent Blood” di Anish Kapoor, uno straordinario sunto di scultura e pittura che trasmette un senso di vertigine e di incapacità di valutare lo spazio.
Un ulteriore elemento interessante è una tavola esplicativa accanto a un dipinto del berlinese Libermann, che racconta la storia della proprietà del dipinto, ne spiega i passaggi attraverso la rapina nazista, l’acquisto e la successiva ricerca storica fino all’accordo con gli eredi del proprietario originale. Un buon esempio di ricerca storica e di commemorazione dei primi proprietari, morti per mano nazista.
La mostra oltre a permettere di vedere una straordinaria quantità di opere di altissimo livello, riesce a scuotere anche il visitatore più viziato, a far sorgere domande e curiosità, con opere dove talvolta il senso dello spazio e del tempo viene messo radicalmente in discussione.
D’ora in poi comprare una scatola di tasselli a muro non sarà più un gesto qualsiasi, farà sorgere immagini straordinarie dalla memoria. Anche tutto questo è marketing? Forse, ma splendidamente intrecciato alla cultura.
Autore: Marco Vivori