Emigrare è un po’ come naufragare, smarrirsi in acque straniere sperando un giorno di rimettere piede sulla terraferma. Così nel gennaio del 2015, dopo anni di navigazione in Olanda, faccio rotta verso Berlino in cerca di una nuova dimora, un porto sicuro lontano dai pericoli d’alto mare. Quando ormai ogni speranza é alla deriva, qualcuno mi dice che a pochi passi da Potsdamer Platz sta sorgendo un nuovo quartiere vicino ad un parco, anch’esso ultimato da poco. Alcuni conoscenti mi avvertono che gli affitti saranno alti e gli standard di costruzione bassi. Altri riferendosi allo slogan “Berlin braucht Wohnungen,” si immaginano già una selva di grattacieli nei quali gli inquilini saranno ammassati come tante sardine in scatola. Non so se è più testardaggine o ingenuità la mia, comunque decido di andare a vedere di cosa si tratta. Per una volta l’istinto non mi tradisce perché, comunque stiano le cose, il Park Am Gleisdreieck è senza dubbio un luogo eccezionale.
I misteri del triangolo
La mitologia di questo parco affonda le radici in una storia complessa che traspare già dal suo nome (Park am Gleisdreieck, let: parco presso il triangolo di binari). Infatti oggigiorno i due tratti metropolitani che lo traversano non formano alcun triangolo. Mi viene allora in mente un altro mistero geometrico: quello delle Bermude. È palese che anche questo parco cela segreti sommersi. Mi tocca svelarli in fretta prima dell’appuntamento con l’agente immobiliare, due giorni dopo. Non vi é altro modo allora che intraprendere un rapido viaggio indietro nel tempo.
Scopro che la zona di verde pubblico, un’area di circa 31,5 ettari, originariamente ospitava una fitta rete ferroviaria che collegava le maggiori stazioni della Berlino ottocentesca: quelle di Potsdamer Platz e Anhalter. Sul sito dell’odierna fermata Gleisdreieck venne inaugurata nel 1875 un’altra stazione, la Dresdener Bahnhof, ma questa fu smantellata solo pochi anni dopo. In fine, all’inizio del novecento, al suo posto venne eretto il raccordo triangolare che oggigiorno dá nome al parco. Serviva per regolare il traffico della primissima linea metropolitana della città ed era un capolavoro d’ingegneria moderna per i tempi che correvano.
Tutto cambiò però un sabato pomeriggio del 1908. Erano le due meno un quarto del ventisei settembre quando il macchinista Karl Schreiber si avvicinò alla diramazione del Gleisdreieck. Una svista fatale lo portò a proseguire senza fermarsi inserendosi in tal modo col suo convoglio sul binario dove già correva, proveniente dalla direzione opposta, un altro treno. L’impatto fu talmente forte che uno dei vagoni sfondò le barriere protettive e fu scaraventato giù dal ponte. Il bilancio fu di venti morti e diciotto feriti, l’incidente più grave dall’inaugurazione della sopraelevata nel 1902. Schreiber fu condannato a una pena di un anno e nove mesi di carcere. Poi, allo scoppio della prima guerra mondiale, lo mandarono al fronte, dal quale non fece mai più ritorno. In seguito ad un ulteriore incidente nel 1911 si decise di realizzare una seconda sopraelevata e già nel 1912 venne inaugurata la stazione Gleisdreieck, più o meno come la conosciamo ai nostri giorni. Il triangolo diventò di fatto un incrocio, ma il nome rimase inalterato.
Con l’avvento del Muro, questo raccordo ferroviario lodato persino dallo scrittore Günter Grass in una delle sue poesie, cadde rapidamente in disuso. A mano a mano flora e fauna si riappropriano del terreno. Il degrado durò più di quattro decadi ma già dagli anni settanta in poi, i residenti della zona iniziarono una battaglia per il suo recupero. Negli anni duemila, e con molte concessioni rispetto ai piani iniziali, arrivò finalmente il via libera burocratico per la realizzazione del parco. Le tre aree che fino a oggi lo costituiscono vennero quindi risanate in successione; la prima, il parco Est, fu inaugurata nel 2011; la seconda, quello Ovest, nel 2013; la terza, denominata Flaschenhals (let. collo della bottiglia) per la sua forma stretta e allungata, nel 2014.
Sull’onda delle prime impressioni.
Torniamo al 2015. Pochi giorni dopo aver scoperto l’esistenza del parco, scendo dalla U2 e salgo per la prima volta la collinetta che fiancheggia l’entrata dalla Schönebergerstraße. Mi fermo. Sotto un cielo cupo e una pioggia incessante mi si presenta un paesaggio urbano marino. Il parco ovest é un lembo acquitrinoso sormontato da due ponti e interrotto qua e lá da piccole increspature verdi nel terreno, come onde di un mare leggermente mosso. Come detto, anch’io mi trovo su una cresta, lá dove c’erano fino a poco tempo fa le enormi rose in vetroresina dello scultore Sergej Alexander Dott.
Tra quei fiori sproporzionati, le onde verdi sul cemento grigio, e la metro che in lontananza s’inabissa dentro una casa (si, avete letto bene!), mi chiedo se a Berlino si possano applicare le regole dell’estetica condivise dal resto del mondo. Senza trovare una risposta soddisfacente, indosso l’elmetto obbligatorio per entrare nel sito di costruzione. Nonostante le mie perplessità il parco sta già esercitando la sua forza magnetica dato che, solo un’ora più tardi, mi ritrovo seduta su una panchina con in mano un contratto d’affitto firmato.
La tempesta
Febbraio del 2016. Mi sono trasferita da sette mesi in uno dei famosi appartamenti e le cose vanno meglio del previsto. Gli incubi kafkiani non si sono avverati, e non mi sono ancora trasformata in sardina. Altri incubi però disturbano il mio sonno. È all’incirca l’una e trenta di un sabato mattina quando vengo svegliata da dei boati tonanti che si susseguono rapidamente. Penso a una tempesta visto che sento in lontananza anche delle sirene. Vorrei alzarmi ma la stanchezza vince. Quando finalmente il mattino dopo scendo in strada, questa è la situazione che mi si presenta: auto bruciate, finestrini rotti, schegge di vetro dappertutto. Dell’accaduto se ne parla perfino nel Berliner Morgenpost. Una quarantina di persone munite di passamontagna e cocktail esplosivi hanno preso di mira le vetrine dei negozi e le auto di lusso parcheggiate in strada. L’attentato viene rivendicato da un gruppo di estremisti di sinistra che si oppongono alla gentrificazione di diverse aree di Berlino, tra le quali anche questa.
A chi appartiene allora questo parco? È la domanda che si pongono anche le autrici di Gleisdreieck/ Parklife Berin, pubblicato nello stesso anno, una guida alla storia e all’evoluzione del parco e al significato di tali spazi urbani nel ventunesimo secolo. È un’ottima lettura nella quale cercare risposte ai tanti interrogativi che si accumulano durante il viaggio alla scoperta di Am Gleisdreieck. Ovviamente però la prima domanda rimane aperta, poiché una risposta inequivoca non esiste.
Terra in vista?
Siamo a ottobre del 2019 e Am Gleisdreieck è diventato un luogo cult a Berlino. È quasi impossibile non innamorarsene, proprio per la sua storia combattuta e le sue contraddizioni, ma anche per i suoi luoghi d’incontro tra le varie subculture berlinesi. I volti che lo popolano sono stati fotografati dall’ italianissimo Lorenzo Pesce nella guida di cui vi ho appena parlato. Sguardi e sorrisi elettrizzati dalle tante possibilità di svago che regala questo parco.
Cosa rende dunque cosí speciale Am Gleisdreieck? Vi faccio qualche esempio. Per quelli che amano rilassarsi ci sono i prati della Schöneberger Wiese e della Kreuzberger Wiese, o le sei altissime altalene del parco ovest, oppure c’è la spiaggia con tonnellate di sabbia e chilometrica panchina in legno. Gli sportivi, oltre a fare jogging, hanno a loro disposizione i campi da beach volley, quello da basket, diverse attrezzature e lo skatepark. Se invece siete genitori senza sonno e senza speranza, allora dirigetevi al Café Eule che, nascosto tra i Volksgarten, vi offrirà un’oasi verde con tanto di torte caserecce e spremute di frutta fresca. Quando avrete ricaricato le vostre energie, non dimenticatevi di far tappa presso uno dei tre parchi giochi, tutti rigorosamente in legno, che in men che non si dica si trasformeranno nel vostro nuovo salvavita. Parola di mamma.
Poi ci sono i posti e le cose che piacciono proprio a tutti. A cominciare dal Biergarten, nato e diventato “cool” nello stesso giorno, dove potrete assaggiare un’ottima craft beer locale oltre all’analcolica più indecente del mondo (attenti al nome). Sempre nel parco ovest ci sono gli ormai celebri trampolini, frequentati da un pubblico molto variegato. Al mattino presto saranno i bimbi dell’asilo scappati alle mamme a cimentarsi in acrobazie. In tarda mattinata modelle e personaggi famosi si faranno fotografare qui per un servizio dal “feel” urbano. Al pomeriggio sarà il turno degli scolari finalmente liberi dalla prigione dei loro banchi, o di professionisti con tanto di valigetta in pelle e cravatta. Non c´è da stupirsi se v’incontrerete anche qualche pensionato, che svolazza a mezz’aria nostalgico ma felice. Eppure la cosa più originale di questo parco sono proprio le sue rotaie abbandonate, tuttora nascoste in un bosco dove è vietato entrare, forse per non turbare quel passato recente che vi riposa.
Oggi é domenica, e mi ritrovo per caso seduta su quella stessa panchina dove quattro anni e mezzo fa iniziava il mio viaggio in Germania. Guardando quella collina che mi par aver scalato solo pochi istanti fa, persino le sue rose giganti, capitolate una dopo l’altra sotto il peso di un nuovo progetto edilizio, mi mancano. Certamente, questo non é un parco nello stile del Lietzensee o del Tiergarten, dai sentieri sinuosi, querce centenarie e salici piangenti che accarezzano appena le acque di un lago pittoresco. No, Am Gleisdreieck ha un’estetica diversa, moderna e scattante, ma non per questo meno romantica. Ci vuole tempo a scoprirlo, e come tutte le cose alle quali dedichiamo il nostro tempo, diventa più preziosa. Non che il suo mistero si sia dissolto, o che questo luogo me lo sia infine meritato. Piuttosto, quando osservo uno skater cavalcare le sue onde a fianco di mio figlio, sento finalmente che Leopardi aveva ragione,
e il naufragar…
Beh, il resto già lo sapete.
Stupendo…
Grazie Irma!