Gli ultimi giorni di proiezioni alla Berlinale 2019. Ieri è stato presentato l’unico film italiano in concorso La Paranza dei Bambini, di Claudio Giovannesi, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, anche lui presente al Festival. Durante la conferenza stampa Giovannesi ha spiegato che non si tratta di un un film sociologico su Napoli, ma un tentativo di raccontare il mondo attraverso Napoli. La chiave di lettura del romanzo di Saviano è stata la perdita dell’innocenza e il binomio gioco-guerra. Dal gioco si passa alla guerra. È un confine labile, e solcarlo è una decisione da cui non si può più tornare indietro. Il gioco è reversibile, la guerra no. Dalla guerra non si esce. Si muore. Ed è la pistola, aggiunge Saviano, a essere il mezzo che fa passare questi ragazzini dal gioco alla guerra. Non hanno alternativa. La pistola apre tutte le porte: soldi, donne. E citando dati dell’antimafia ci ricorda che se investi 1000 euro in cocaina dopo un anno se tutto va bene ne hai 182.000 di euro. “È una storia ispirata a fatti veri. Avere dodici anni, quindici anni e avere migliaia di euro a settimana. Ci sono gruppi simili in Albania, Sud Africa, Brasile, Venezuela. Ragazzini che stanno tornando a morire alla stessa età in cui si moriva nel Medioevo. Arrivano massimo a venti, ventuno anni. E pensano di aver già vissuto tutto. Per loro arrivare a vent’ anni è tanto.”
Alla domanda di un giornalista austriaco su Salvini e sulle polemiche sulla sua scorta lo scrittore risponde di essere sereno: ”… Quello che sta succedendo in Italia…la situazione politica è molto seria in Italia. Avere la scorta è un dramma, non un privilegio. Per quello che mi riguarda sono sereno e non mi faccio impaurire da certe dichiarazioni.” E ancora sulla situazione politica attuale: “Salvini è l’unico politico in Europa che indossi abitualmente la divisa della polizia…è un attacco alla democrazia.” E tornando al film aggiunge che “la disoccupazione giovanile è allarmante, una tragedia, e la politica non se ne occupa. È la fine della speranza. I ragazzini diventano capifamiglia. I genitori spesso non sono criminali, ma non ce la fanno ad andare avanti, non hanno soldi, e guardano al figlio come a una salvezza. Ma il prezzo poi è la morte.”
È un film ben girato La Paranza dei Bambini, la macchina da presa ci accompagna dentro la vita di questi ragazzini sull’orlo dell’abisso. Li vediamo nel momento del passaggio, della perdita dell’innocenza, nel momento in cui scelgono di morire invece che di vivere. Il protagonista, Nicola, interpretato da un bravissimo Francesco di Napoli, commuove per la sua purezza, perché in realtà uno come lui potrebbe anche salvarsi, e invece, all’inizio per gioco, si sporca pure lui ed è destinato a finire come gli altri, incastrato dentro un’inesorabile roulette russa.
Tra i film più convincenti fino a questo momento e a mio parere candidato a uno dei premi principali il macedone God Exists, Her Name is Petrunya della regista Teona Strugar Mitevska. Trae spunto da un fatto realmente accaduto: la storia di una giovane donna – che con i suoi trentadue anni si sente già datata nella società maschilista in cui cresce – che in un villaggio sperduto in Macedonia partecipa a un rito religioso riservato per tradizione ai soli maschi: il giorno dell’Epifania si butta in acqua e recupera prima degli altri la croce sacra nel fiume, croce che porta lustro e fortuna al primo che tuffandosi la recupera. Ma lei è una donna e quindi per tradizione religiosa non ne avrebbe diritto. Infatti i giovani maschi gliela tolgono dalle mani, ma lei riesce a riprendersela e a fuggire. Diventata suo malgrado un’eroina su you tube viene rintracciata e portata al commissariato e qui inizia, con l’aiuto di una giornalista molto engagée e il supporto di un giovane poliziotto meno macho degli altri, la sua tenace battaglia personale contro un mondo patriarcale in cui Stato e Chiesa sembrano essere separati solo sulla carta. Dopo quello di Saviano un altro Medioevo quindi, tristemente attuale. Petrunya non è un’ignorante, è laureata in storia, ci tengono a sottolineare la regista e la sceneggiatrice durante la conferenza stampa, e quindi sa bene quello che la sua tenacia nel non voler restituire la croce sta provocando all’interno della comunità. Costringe l’ottusa società che la circonda a fare i conti con le proprie contraddizioni. È un film ironico e potente, con una protagonista, Zorica Nusheva, che incarna perfettamente l’innocenza e la forza di una giovane donna costretta a vivere dentro un mondo che non la vede, dentro un mondo in cui detta legge uno sguardo esclusivamente maschile arretrato e incapace di evolversi. E lei costringe questo piccolo mondo a confrontarsi con le proprie arretratezze e miserie.
Ben accolti dalla critica anche Graçe à Dieu di François Ozon, sulla pedofilia nella Chiesa Cattolica e Mr Jones di Agnietska Holland che, attraverso questa pellicola ambientata in Unione Sovietica negli anni ’30, vuole ribadire l’ importanza della stampa libera e non assoggettata al potere, nel passato e oggi più che mai, oggi che viviamo in un’epoca di fake news manovrate a dovere. Stroncato invece il tedesco Der Goldene Handschuh di Fatih Akin, sul serial killer Fritz Honka e ambientato nel celebre quartiere Saint Pauli di Amburgo negli anni ‘70, pellicola inutilmente violenta e macchiettistica di cui non si capisce bene la motivazione. Dopo la defezione all’ultimo momento del film cinese One Second di Zhang Yimou, per motivi tecnici legati alla post produzione – motivazione che ha convinto poco la stampa tedesca e non solo – mancano oramai pochi film in concorso e sabato sera, 16 febbraio, al Berlinale Palast verranno assegnati i premi della Giuria Internazionale presieduta da Juliette Binoche.
Non ci resta che attendere.