Intervista a Domenico Richichi, a Berlino da 7 anni, proprietario di Erste Sahne (Kienitzer Str. 116, 12049 Berlin) che il giorno 6 Luglio chiuderà ufficialmente. Alle ore 6:06 pm, dopo 6 anni e 6 giorni di attività, ci sarà il taglio della torta con il logo della gelateria con tutti i presenti per festeggiare il “Letzte Sahne”. Ma la chiusura di Erste Sahne corrisponde all’apertura del nuovo locale di Domenico “La Gatta”, in Selchower Str. 33, 12049, la cui inaugurazione invece sarà il 7 Luglio alle ore 7:07 pm.
Come mai hai deciso di venire a Berlino?
La scelta di venire a Berlino è stata una scelta presa all’improvviso durante una vacanza di tre giorni, quindi un errore o almeno all’epoca cosi dicevano gli altri, aspetto un altro paio di anni e vediamo se è stato un errore.
Cosa facevi prima di trasferirti a Berlino?
Prima in Italia facevo il tecnico alla Rai.
Come mai questo cambiamento di lavoro e città?
Volevo cambiare vita e recuperare il lavoro dei miei nonni che avevano un Bar-gelateria a Roma, mi sono trasferito qui e ed ho aperto il mio primo locale, Erste Sahne.
Come mai apri la Gatta?
Ho una passione assoluta e totale per il gelato e i dolci però dopo un po’ ti viene fame e allora ho pensato visto che ci sono tante cose buone in giro per il mondo e soprattutto in Italia che qui a Berlino non arrivano o non sono conosciute, ho iniziato a cercare un posto per aprire il nuovo locale, a contattare piccoli produttori ed ho pensato di portare qui prodotti locali.
I prodotti quindi che hai sono importati direttamente dall’Italia o hai anche produttori proprio qui a Berlino?
I prodotti sono importati dall’Italia ma alcuni buoni si trovano già qui. Ad ogni modo preferisco il piccolo produttore, l’artigiano, perché facendo il gelato, in maniera artigianale, vera, con ingredienti veri, cerco i miei omologhi negli altri campi.
Cosa hai trovato a Berlino di diverso che hai deciso di rimanerci e di tornare dopo i 3 giorni di vacanza?
Quello che mi ha colpito di Berlino è stata una sensazione di evoluzione, di cambiamento nell’aria e, in effetti, Berlino è cambiata tantissimo in questi anni.
Raccontaci della tua attività qui, il passaggio da Erste Sahne a La Gatta
Quando decisi ad aprire un locale qui a Berlino, la mia idea non era di aprire una gelateria ma di aprire un locale simile a La Gatta, servendo anche altri prodotti da mangiare e non solo gelati. Quando proposi di venire a Berlino ad una amica e di aprire un locale lei disse perché non facciamo il gelato? Ovviamente super contento dissi di si, visto che era anche l’arte dei miei nonni, e così imparammo a Roma, da un maestro bravissimo. Poi però l’autentica passione per il gelato si è scontrata con l’oggettività della fame. Quindi all’inizio avevo pensato di fare due attività diverse e mantenerle separate, ma una serie di situazioni mi hanno portato a dover scegliere tra un negozio e l’altro. Ovviamente sono molto legato a Erste Sahne, negozio aperto con tutta la passione, i sacrifici, i ricordi, però quel posto da un punto di vista strutturale non è adeguato per fare serata. Qui a La Gatta invece apriamo alle 3 pm e restiamo aperti fino alle 11 pm, mentre nel weekend rimaniamo aperti fino alle 2 am. Nel nuovo locale comunque continueremo ad avere i gelati.
Come è stato il tuo impatto con la mentalità tedesca?
Allora, la mentalità tedesca è stupendamente diversa da quella italiana e dopo 7 anni mi riserva ancora ogni giorno tante sorprese, alcune positive e alcune negative. È un’altra cultura e ci sono differenze che possono creare a volte problemi. Io ne so qualcosa, ho dato un nome tedesco al primo locale. Nome che tra l’altro ha una sua storia.
Quale sarebbe?
Allora versione breve. Prima di aprire il negozio, quando andavo a qualche festa mi divertivo a fare e portare dei dolcetti e una volta un amico tedesco assaggiando un mio dolcetto ha urlato “Erste Sahne” e gli ho chiesto cosa significasse, e lui mi ha risposto che se me lo spiegava dovevo chiamare il negozio in questo modo e gli ho detto di si, quindi il nome del negozio l’ha scelto lui praticamente. E molte volte quando venivano clienti italiani mi parlavano in tedesco e ad un certo punto ho confezionato uno scherzo e alla domanda “ma sei Italiano” rispondevo di no e di aver fatto un corso per sembrarlo.
Cosa significa “Erste Sahne”?
“Erste sahne” significa “il meglio del meglio”, il “non plus ultra”, “la creme de la creme”. In effetti a chiamare il negozio così un tantinello ho esagerato o, per lo meno, non ho abbondato in modestia, anche se d’altra parte era anche un po’ il mio programma. Spesso il nome è stato uno stimolo a migliorare sempre più il prodotto in una realtà difficile come quella berlinese in cui a fare il gelato artigianale vero saremo forse 5 o 6 sparsi in tutta la città. In un contesto simile diventa molto facile continuare a fare il gelato sempre uguale senza dedicarsi al miglioramento della ricetta. Invece da una parte la passione, dall’altra il nome del negozio mi hanno stimolato una continua lotta contro me stesso cercando di fare il gelato ogni volta sempre più buono. Per intenderci, in 6 anni ho cambiato la mia ricetta delle creme 5 volte, quella del gelato all’olio 9 volte, mentre per i sorbetti, usando come faccio io solo frutta vera (e non “paste di frutta” o puree giá pronte e calibrate), ogni volta è un caso a sé, bisogna vedere il tipo di frutta, il grado di maturazione, la “succosità”, la fibrosità… insomma ogni volta bisogna creare una ricetta ad hoc. Ultimamente ho iniziato anche a fare tanti tipi di granita, per ora però mi attengo alle ricette tradizionali.
Il mio maestro era calabrese e a sua volta aveva imparato da un maestro catanese. Lo conobbi a Roma, mi fu presentato da una comune amica. La sera in cui ci conoscemmo gli chiesi consiglio circa dove imparare a fare il gelato, lui rispose con una domanda:”Vuoi imparare a fare il TUO gelato o semplicemente a fare il gelato?”. Indovina cosa risposi! Passai il test e fui accettato come apprendista. Il gelato è un prodotto artigianale, puoi usare tutta la scienza e la tecnica che vuoi, e te lo dice uno che studiava biofisica, ma il gelato è un prodotto a cui devi trasferire la tua anima. Se vai in una scuola e ti spiegano le cose sui libri di testo, poi ti portano in 20 a fare il gelato tutti insieme. La persona che ti insegna a fare il gelato sarà anche il più bravo gelatiere del mondo ma non riuscirà mai a trasferirti lo spirito. Io ho imparato a fare il gelato con il mio maestro, eravamo io e lui. Abbiamo praticamente vissuto per 7 mesi chiusi nella gelateria con tutti i problemi, gli amori, le passioni della vita e tutte queste cose si trasferivano nel gelato. Io se sono di cattivo umore, il gelato non lo faccio, viene male, fai quei piccoli errori che portano il gelato a non avere un buon sapore. Lo stesso vale per i dolci e per tutto. Puoi fare un piatto che hai preparato tantissime volte ma se sei di cattivo umore, sbagli quei piccoli step che hai sempre fatto. Quindi il gelato va imparato dall’artigiano. Conosco posti dove il gelatiere ha imparato in importanti scuole, e sì il gelato è ok, è gelato, ma non è buono, manca di quel dettaglio. E un’attività artigianale va imparata a bottega e questo è difficile qui in Germania, è un problema culturale, perché devi trovare un Masterbetrieb.
Sarebbe?
Sarebbe un posto dove l’artigiano ha fatto una formazione documentata (l’Ausbildung), ha un certificato, poi lavora per un tot di anni e fa un esame. Ce ne sono pochissimi nella gastronomia. In Italia invece questo non serve, vai alla bottega e lo impari. Avendo imparato in Italia, qui in Germania non posso avere un Masterbetrieb, cioè posso lavorare ma non posso insegnare ad altri e questo per me è inaccettabile. Infatti ora lo sto informalmente insegnando ad Antonio (barman di “La Gatta”), abbiamo fatto un accordo, io gli insegno a fare i gelati e lui mi insegna a fare i cocktail e il nostro progetto è quello di mischiare le due cose. Abbiamo già iniziato ad elaborare delle coppe cocktail-gelato, dove una o più delle componenti del cocktail viene sostituita dal gelato. La coppa verrà preparata in modo che il gelato sciogliendosi piano piano si mischi al resto ottenendo un sapore che evolva nel tempo. Ovviamente stiamo studiando anche uno specifico stile di decorazione intermedia tra la coppa gelato e il cocktail. Comunque sto anticipando troppo, prima dobbiamo imparare tutti e due l’arte dell’altro e poi le mischieremo.
Le presenterete all’apertura?
Non credo che faremo in tempo, queste cose vanno sperimentate, provate e non sempre la prima volta che le fai raggiungi quel livello qualitativo che cerchi. Insomma serve tempo da dedicarci, ma dobbiamo ancora ridipingere il pavimento!
Perché il locale si chiama “La Gatta”?
Si chiama “La Gatta” perché cercavamo un nome che ci piacesse e avesse un qualcosa di fascinoso. La gatta è fascinosa, poi è notturna ma anche diurna, è furba e stupida, è tutto, i gatti sono eclettici, sono pronti a fare qualsiasi cosa, c’è il gatto domestico, il gatto che caccia, il gatto domestico che caccia, e a quello che caccia se gli fai le coccole se le prende, il gatto ha una sua personalità molto spiccata e da qui La Gatta. Lo abbiamo deciso insieme io, Alessandra, la mia compagna, e Antonio, il barman.
Dell’estetica del negozio se ne è occupata Alessandra ma anche Antonio, io mi sono occupato delle luci. Nel locale per ora non si fuma, dobbiamo ancora decidere se permettere di fumare dopo una certa ora nella saletta interna quando farà freddo. Quando sono arrivato a Berlino per me è stato stranissimo perché in molti locali si fumava e si fuma ancora oggi.
Hai prodotti vegani e per celiaci?
Io sono partito con una pasticceria senza glutine e mi sono dovuto reinventare tutto per riuscire a fare prodotti adatti ai celiaci sostanzialmente indistinguibili da quelli tradizionali, ma adesso che mi ritrovo a compattare tutto nel nuovo locale dovrò abbandonare questa cosa. Continuerò a fare alcuni prodotti con farine naturalmente prive di glutine perché mi piacciono di più rispetto alla versione con farina di grano ma, purtroppo, saranno comunque contaminati. Mi sono sempre posto il problema degli zuccheri, e uno dei miei obiettivi in questi anni è stato sempre quello di ridurre il contenuto di zucchero in tutti i miei prodotti, ma sotto a certi livelli non si può scendere per questioni strutturali e/o fisiche. Per esempio nel gelato lo zucchero fa da anticongelante. Se non lo si usa vanno usati nell’ordine: alcol, xilitolo o sorbitolo che comunque non fanno molto bene. Oggi proprio mi è stato chiesto se avevo il gelato senza zucchero e allora ho consigliato di andare a casa prendere tanta frutta bella matura, fare una purea, metterla in congelatore e girarla di tanto in tanto. Non è gelato ma è la cosa più vicina che si può fare ed è buona.
Ultimamente va di moda la stevia, cosa ne pensi?
La stevia è totalmente inutile, è un dolcificante e da un punto di vista fisico non ha l‘effetto dello zucchero. Trovo il suo sapore ignobile e quando l‘ho usata per prova nel caffè è stato un momento molto triste, l’ho buttata. A meno che si non abbia un problema serio non vedo perché usare edulcorante, e comunque, a mio modesto avviso, è meglio non dolcificare.
La cosa che sopporti di meno di Berlino?
La cosa che sopporto di meno sono le interviste!!
Ma come?
Scherzo! Una cosa che mi dà fastidio qui Berlino e che viene fatta regolarmente, di cui ho chiesto e mi sono informato e a quanto pare è normale ma in Italia non lo è, è quando le persone entrano in negozio senza salutare, guardano in giro ed escono senza salutare. Io non sono dell’idea che se qualcuno entra in negozio deve assolutamente comprare qualcosa, uno può essere solo curioso, magari non hai quello che vuole però un Ciao- Ciao non fa male. Poi mia nonna aveva un bar, io sono cresciuto che da quando mi ricordo, quando entravamo nel negozio mio padre mi diceva “saluta” ed io mi giravo e gli chiedevo “a chi?” e lui “al locale, a tutti i presenti” e quindi “Ciao”, “buongiorno” e quindi ho iniziato a divertirmi.
Cosa ti affascina ancora di Berlino dopo questi 7 anni?
Das ist eine gute Frage… mmmm… allora io sono una persona fondamentalmente molto curiosa, motivo per cui avevo scelto di studiare fisica, motivo per cui mi sono infilato nell’avventura berlinese, e la cosa particolare di Berlino è che non le hai mai viste tutte. Cioè ogni giorno ti capita qualcosa che dici “questo non me lo sarei mai aspettato” quindi dal mio punto di vista è stimolante, ovviamente a volte sono cose positive altre volte negative che magari ti arrabbi anche, ma la routine non l’ho mai trovata qui. E un motivo per cui sono scappato da quello che facevo prima, motivo per cui ho fatto tutto questo, era che appunto volevo uscire dalla routine. Anche se prima facevo un lavoro assolutamente non routinario. Ho lavorato per 16 anni alla Rai cambiando una volta mansione e nell’ultima mansione ho lavorato per 12 anni. Dopo il decimo anno una sera a cena un’amica mi ha chiesto come era andata a lavoro e la mia risposta è stata “oggi sono successe le solite cose diverse”. E lì ho capito che dovevo fare qualcosa per cambiare perché di lì a poco non ne avrei più potuto.
La cosa che ti manca di più dell’Italia o che sei felice di aver lasciato dell’Italia?
Dunque non sono contento di aver abbandonato l’Italia, perché l’Italia mi manca tutta, dal primo giorno, e non è un caso che cerco di portare qui sapori, modi di fare, la cultura italiana.
Pensi di tornare in Italia?
Si, voglio assolutamente tornare in Italia. L’Italia ha i suoi problemi, la Germania ha i suoi problemi, in ogni posto ci sono problemi e io non sono scappato da quelli ma cercavo qualcosa di diverso, per cambiare, non ho mai avuto un rifiuto dell’Italia. La cosa che mi manca proprio più di tutto è il mare, mi manca proprio in maniera viscerale, anche se sono di Roma e penserai cosa c’entra ma mio padre è calabrese e abbiamo un uliveto giù in Calabria dove c’è anche una cassetta, in collina a 700 m sul livello del mare ma a 500 metri dal mare. Quindi d’estate stai in collina, sotto gli ulivi con 42°C secchi e senti l’odore del mare. E questo mi manca moltissimo. Poi ovviamente mi mancano tutti gli amici. In effetti la mia idea non è proprio di andarmene ma di cercare di avere la possibilità di far andare l’attività in maniera non proprio autonoma ma non strettamente vincolata a me in modo da poter tornare in Italia e girarla alla ricerca dei piccoli artigiani i cui prodotti saranno poi disponibili a La Gatta. Anche perché io sono di Roma, mio padre è calabrese, mia mamma napoletana, la mia ragazza di Bergamo e qui ho amici dalle Marche, dal Molise, dalla Lombardia, dalla Liguria, dalla Sicilia, dalla toscana, dall’Abbruzzo, dalla Puglia dalla Basilicata, dalla Sicilia, Veneto, da tutte le parti praticamente e in fondo qui ho capito l’Italia. Cosa fa si che l’Italia sia l’Italia. Solo che quando sei in Italia tendi a esaltare le differenze, “quello del nord è così”, “quello del sud così”, “quello del paesino a 2 km dal mio è diverso perché”, “noi invece siamo cosi”, tutto questo campanilismo di fondo, abbastanza comune dappertutto. Quando sei fuori, riesci a inquadrare le cose in un’ottica diversa e capisci gli elementi leganti che fa si che gli italiani siano italiani tutti, e questo l’ho imparato qui. Quindi dall’esperienza berlinese, ho avuto modo di guardare l’Italia e gli italiani in modo diverso ed ho imparato molto, vedi in modo diverso anche le notizie che ti arrivano dall’Italia. Inoltre qui a Berlino ho conosciuto anche la mia compagna quindi questo rende l’esperienza berlinese il top, la cosa più giusta che ho fatto in vita mia.
Qual è il tuo cibo preferito a Berlino
Cibo preferito… dunque… Allora io non sono uno di quelli che dice che la cucina Italiana è la migliore nel mondo. La cucina italiana ha solo una peculiarità e cioè che è incredibilmente varia sia in fatto di ingredienti che di lavorazione. Comunque della cucina tipica berlinese c’è il currywurst che a me non piace, ci ho provato a farmelo piacere ma anche no, grazie. Mi piacciono gli spaetzle, i maultaschen, gli schnupfnudeln, lo schweinhaxe, e il fegato alla berlinese (l’ho mangiato la prima volta in un ristorante a Richard Platz ed è stato subito amore). Ci sono tante cose buone a Berlino. Il problema grosso a Berlino non è il fatto che manchi la possibilità di mangiare bene, ma è che c’è un’offerta massiccia di junk food a bassissimo prezzo che stabilisce una sorta di standard di mercato, mentre l’offerta di qualità si rivolge ad un mercato relativamente piccolo questo fa sì che al salire della qualità i prezzi schizzino velocemente in alto. Per capirci un “cappuccino” fatto da una macchina automatica in una Beckerei costa circa 1 euro e mezzo, mentre un “cappuccino” in un caffè può facilmente costare 3 euro e mezzo perché fatto a mano con caffè e latte di qualità relativamente migliore, ma non è affatto detto che sia più buono; personalmente trovo questi prezzi assurdi e, al solito, seguo una mia idea, e propongo un vero cappuccino fatto con caffè e latte di alta qualità a 2 euro. A proposito, una cosa che non sopporto di Berlino è che mi chiamano cappuccino una cosa che cappuccino non è. Ecco io sono di Roma e il primo cappuccino degno di questo nome me lo sono fatto da solo quando ho aperto il locale.
Al locale “La Gatta” farete anche caffetteria?
Si abbiamo già la macchina e in realtà al laboratorio mi sto organizzando anche per fare sformati mono porzione che poi porterò qui. Sto studiando anche la vaso-cottura ma vedremo perché devo farmi una formazione apposita.
Qual è il tuo posto del cuore a Berlino?
Allora una cosa che mi mancherà del negozio vecchio è che uscendo sulla destra vedi la via che finisce a Tempelhof col sole che tramonta lì e quello per me era il mio mare. Una volta ho trovato una mappa di Berlino sul mare dove l’ex aeroporto era il porto di Berlino, ma secondo quella mappa qui (a “La Gatta”) staremmo sotto acqua quindi non ci conviene.
Cosa consiglieresti a chi sta per trasferirsi a Berlino
Di pensarci 3 volte.
Quale pregiudizio dovrebbero abbandonare i berlinesi verso gli Italiani e viceversa?
I berlinesi dovrebbero abbandonare tutti i pregiudizi verso gli Italiani e gli Italiani dovrebbero abbandonare l’idea che tutti i tedeschi siano precisi e puntuali.
Tre cose da avere per essere felici a Berlino
Dunque: una rendita intorno ai 2000 euro al mese e una casa di proprietà tra le colline toscane o su qualche isoletta del mediterraneo. La terza cosa per essere felici qui è essere curiosi, la curiosità salva, anche quando le cose vanno male e ti chiedi “adesso che succede?”. Berlino offre tanto per divertirsi, per contatti sociali, umani, a livello culturale, ma sono tutte cose che se non sei curioso rischi di perdere e di cadere nella routine. La curiosità ti fa vedere tutto in modo diverso ogni volta.
PS: il negozio di Domenico fa parte di un circuito internazionale di imprese (Cashbackworld), che offre sconti e vantaggi ai suoi aderenti. Per maggiori informazioni su questo circuito, contattare ruth.stirati@berlinitalypost.com
Autrice: Maria Antonietta Carillo