Vivere in un’altra città ma soprattutto in un’altra nazione, è un’esperienza che, possiamo dire, ci cambia la vita, ci rafforza, e che soprattutto non viene senza difficoltà. Decidere di trasferirsi all’estero molte volte non è una decisione semplice. C’è chi lo fa per darsi una seconda possibilità, per cominciare da capo o perché curiosi con tanta voglia di fare un’esperienza lavorativa diversa. Berlino è una città che attira persone e soprattutto giovani da tutte le parti del modo, per il suo fascino minimalista, ma anche dinamica, e soprattutto per le diverse possibilità di lavoro.
Uno dei posti in cui, tutti i giorni persone provenienti da tutte le parti del mondo, con diverse posizioni ma sempre in ambito scientifico, s’incontrano è all’Istituto Max Planck, dai tecnici di laboratorio a dottorandi, da postdoc a group leader, dove la lingua principale è l’inglese. Qui di seguito ci sono le storie di ragazzi trasferitisi qui a Berlino, chi alla ricerca di un’opportunità migliore, chi per realizzare il sogno di vivere in questa nazione, chi perché già conosceva qualcuno e così via. Ovviamente, il trasferimento, la diversità culturale e linguistica, ha portato vantaggi e svantaggi…
Luca, 41 anni, Group leader, Italia, a Berlino dal 2010
“Io avevo una posizione permanente presso l’università di Torino come tecnico laureato, ma mi veniva richiesto di lavorare come ricercatore/professore associato. Non ero contento dell’ambiente di lavoro perché non c’era nessun tipo di investimento sui giovani. Per questo motivo ho iniziato a cercare qualcosa all’estero e la prima chance che ho avuto è stata qui a Berlino.
Appena visitata la città, mi è subito piaciuta e ho (abbiamo con mia moglie) deciso di accettare. L’ambiente di lavoro (e il lavoro) è (almeno in paragone al precedente) straordinario: sono ricercatore e la prima differenza rispetto agli altri ambienti in cui ho lavorato è che qui ho tutta la libertà di decidere quali sono i temi di ricerca che reputo più interessanti come anche ho la responsabilità di trovare i modi più efficaci per ottenere i risultati necessari.
La seconda grossa differenza sta nel fatto che qui ho le risorse necessarie per poter portare avanti quotidianamente il mio programma di ricerca. Mi piace molto com’è organizzata la città: noi abbiamo due figli e vivere in una città a misura di bambino è sempre stata una necessità per noi. Qui abbiamo trovato una città non caotica, dove spostarsi in inverno come in estate è facilissimo, delle piste ciclabili estese e sicure, una miriade di parchi per bambini con giochi belli e curati, una scuola europea bilingue pubblica, delle strutture sportive eccellenti e a un prezzo abbordabile per famiglie, una proposta culturale ricca e varia e dei servizi ottimi e gratuiti. Insomma una città ideale per noi. Quello cui facciamo fatica ad abituarci, e che a tratti sono difficili da sopportare, sono i modi delle persone nelle piccole interazioni quotidiane, che spesso sono un po’ troppo lontani dai nostri. I posti da godere qui a Berlino sono: pattinare sui laghi ghiacciati in inverno, i piatti di tutto il mondo cucinati come si deve (non troppo facili da trovare, però) e il tramonto alle 22 con birra nel parco d’estate. Da odiare: i treni il primo giorno dopo la prima neve, i parchi sporchi il sabato e la domenica mattina d’estate, i modi degli autoctoni.
Mi piace l’Italia quando sono in vacanza: il cibo e l’architettura sono semplicemente impareggiabili. E poi ci mancano molto i nostri amici. Per il resto stiamo molto meglio qui. Di Berlino mi porterei a casa la capacità di staccare dal lavoro il venerdì sera e godersi il weekend. Io vorrei tutti i miei amici qui: credo sia un posto fantastico per vivere felici, ma il problema vero è trovare un lavoro per ciascuno di loro: arrivare a Berlino senza impiego è estremamente rischioso. E non lo consiglierei a nessuno. Tra 10 anni non riesco ancora a vedermi: il mio contratto è di 5 anni ed ho paura che sarà difficile trovare qualcosa nella ricerca quando sarà finito. Prenderò quello che si presenterà o mi inventerò qualcosa di nuovo, ma al momento, purtroppo, non è facile programmare. Per quanto riguarda il tedesco e se lo parlo, dipende a chi si chiede: mia figlia (che ormai è madrelingua tedesca) dice che ho un accento orribile e che non si capisce niente di quello che dico, molti colleghi o collaboratori autoctoni mi fanno i complimenti per il tedesco… La verità è che non parlo quasi mai tedesco, purtroppo. Per questo lo parlo male e mi ci sono voluti diversi anni per arrivare a questo (scarso) livello. Non ne sono molto fiero, ma in famiglia parliamo solo italiano e al lavoro la lingua ufficiale è l’inglese e quindi non è facile trovare dei momenti in cui esercitare la lingua.
È difficile trovare un solo posto preferito in Berlino come anche nella mia città natale. Probabilmente i posti che amo di più sono quelli cui sono legato da ricordi particolari. A Torino ci sono degli scorci del centro storico che starei ad osservare per ore, c’è il mercato di porta palazzo, un’esperienza multi sensoriale: così caotico ma anche così colorato, dove moltissimi odori diversi si fondono, diversi in ogni stagione. C’è lo scorcio della città dalla collina di Superga o del colle della Maddalena e alcuni cortili di antichi palazzi del centro. Di Berlino sicuramente i parchi, dove da aprile a settembre passiamo quasi tutti i weekend a giocare con i bimbi: è la parte della città che viviamo di più al momento e senza la quale ci sentiremmo meno a nostro agio. Per quanto riguarda i piatti preferiti è veramente difficile: il piatto tedesco che amo di più d’istinto mi verrebbe un bel “nessuno” se ci penso un po’ più a lungo magari posso azzardare un breztel caldo e una buona birra. La cucina tedesca è sicuramente una cosa da cui non sono attratto e che non riesco (ancora?) ad apprezzare. Per quanto riguarda il piatto italiano preferito sarebbe più facile fare un cortissimo elenco di piatti italiani che non apprezzo! Se proprio devo menzionare qualcosa, direi un piatto a base di pesce: degli spaghetti ai frutti di mare o una frittura mista probabilmente sono in cima alla mia lista attuale.
Di Torino mi mancano l’architettura, le colline/montagne, il vino e la rete di volontariato nella quale ero (eravamo con mia moglie) inseriti. Più in generale del mio paese, sicuramente mi manca la sensazione di potermi esprimere verbalmente in ogni situazione sentendomi a mio agio. Berlino ci ha abituato troppo bene in termini di trasporti: una rete di metropolitana veloce ed affidabile e delle piste ciclabili impareggiabili e a misura di tutti: andiamo in giro per la città coi nostri figli da quando avevano 5 anni. Anche in termini di ristorazione la città è incredibile: moltissime cucine diverse, molto vicine a quelle originali, e ad un prezzo ancora accettabile! Infine, l’accessibilità delle attività sportive (piscina, arrampicata, palestre, campi da calcio/pallavolo) è significativamente migliore che in Italia, come anche il prezzo molto più abbordabile. Qualcosa a cui non mi abituerò mai qui è facile: il cappuccino dopo pranzo. E I calzini coi sandali. E l’abbigliamento a caso. E I parchi senza fontane.
Come dicevo prima, la difficoltà più grande è legata alla lingua e al fatto che non mi sento a mio agio nell’interagire verbalmente nella quotidianità. In alcuni casi faccio fatica ad accettare i modi un po’ aggressivi e rudi di reagire delle persone di fronte ai piccoli fraintendimenti quotidiani. Per il resto trovo quasi tutto molto più facile. Abbiamo alcuni amici tedeschi, ma devo dire che alla fine la maggior parte degli amici sono Italiani o stranieri. Per me Berlino ha rappresentato un’opportunità per cambiare la mia vita, almeno in termini professionali. E per ora direi che la mia vita è molto cambiata, in meglio. Non so se continuerà così, ma sicuramente è una città che ha impresso un’impronta profonda nel mio cammino di uomo e lavoratore.”
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Autrice: Maria Antonietta Carillo