Camminando per le strade di Berlino è evidente la notevole presenza di turchi e il loro radicamento nella società tedesca. È infatti impossibile immaginare Berlino senza gli Spätkauf, i quali soddisfano le esigenze della popolazione a qualsiasi ora del giorno e della notte con la vendita di sigarette, dolci, snacks, bevande e tanto altro. Oppure senza Döner Kebap, punti di ristoro low cost aperti h24. A tal punto che il “Mustafa’s Gemuese Kebab” di Mehringdamm, famoso per le sue interminabili file, rientra tra i “luoghi da visitare” nelle guide turistiche.
Attualmente i cittadini berlinesi di origine turca sono più del 6% del totale, apparentemente una minima percentuale, ma che di fatto rappresenta una porzione umana di notevoli dimensioni. Berlino, con circa 260 mila immigrati, è la più grande città turca in Europa.
Come si è giunti a questa situazione? Perché così tanti turchi hanno scelto proprio Berlino? Come sempre, la storia è maestra e ci presenta le risposte.
Il primo contatto della comunità turca con la capitale tedesca risale alla fine del ‘700, con l’istituzione della prima ambasciata ottomana permanente. Da quel momento, la cosiddetta “Türkenmode” iniziò a diffondersi, influenzando lo stile di vita tedesco per i decenni a seguire, ad esempio con l’introduzione del turbante come accessorio d’abbigliamento.
Il funerale dell’ambasciatore ottomano di Berlino fu la prima cerimonia islamica in città. Federico Guglielmo III decise di rendergli omaggio dandogli sepoltura al Tempelhofer Feld, ora sede della Moschea Şehitlik e del cimitero islamico più antico di tutta la Germania.
È solo nel 1961, dopo la costruzione del Muro, che si assiste ad un vero e proprio boom demografico, quando ai cittadini turchi viene permesso di trasferirsi nella Repubblica Federale Tedesca per incrementare la sua forza lavoro nella delicata fase della ricostruzione post-bellica. L’integrazione, però, non fu immediata. Il sentimento xenofobico e gli attacchi razziali continuarono a manifestarsi fino alla fine degli anni Ottanta. Le tensioni scemarono quando si instaurò un clima di coesistenza multiculturale fra i giovani tedeschi e gli immigrati di seconda generazione. All’inizio del nuovo millennio, alcuni omicidi di stampo neo-nazista a danno di commercianti di nazionalità turca furono condannati dal governo e dalla società civile tedesca.
Con tutte le inevitabili contraddizioni, i gastarbeiter turchi si sono integrati meglio degli italiani. La popolarità di attori e scrittori turco-tedeschi ne è una prova. Il regista con doppia nazionalità Fatih Akin ha vinto il Festival di Berlino nel 2004 con il film “La sposa turca”. Ci sono deputati turchi al Bundestag e in molti parlamenti regionali.
L’integrazione ha raggiunto risultati positivi a livello politico, grazie anche a strategie comunitarie mirate, ma è soprattutto sul piano culturale che ha trovato terreno fertile nella multicultura berlinese.
La bellezza di Berlino, infatti, è racchiusa proprio nella capacità di far convivere etnie diverse, proteggendo ed esaltando la loro autenticità. Anche stavolta questa città ci regala un insegnamento: le differenze non sono ostacoli, ma punti di forza.
Autrice: Isaura D’Oria