Si sta chiudendo la settimana di Carnevale anche in Germania, come a Roma (a Milano si chiuderà invece il sabato a seguire nel rispetto della tradizione in onore del ritorno di Sant’Ambrogio) con il martedì grasso, che cade il 28 febbraio. Nelle scuole tanto italiane, tanto tedesche, viene festeggiato con ricche merende e mascheramenti vari. Qui a Berlino si chiama Fasching, in altre città tedesche, come Colonia, mi pare Karneval ed altri nomi, che non sto qui ad elencarvi.
Il primo giorno di carnevale, martedì scorso sono stata invitata da amiche italiane a mangiare una pizza assieme qui a Berlino. Mi sono venute a prendere, entrando in auto con un copricapo piumato e due ali bianche -anch’esse piumose- sotto braccio, mi è stato domandato: “Perché?“, “Come perché ?! E’ Fasching, è carnevale, diamine siamo italiane, no ?…Venezia, Viareggio, Sciacca, Ivrea !” rispondo io e la mia amica: “..ma sai, qui a Berlino, a parte nelle scuole, non è tanto sentito…comunque bella idea, hai fatto bene…pure le ali! Dove l’hai trovate ?“…”Da Woolworth per la modica cifra di € 5,50…“.
Esaurito questo ping-pong di battute, entro in pizzeria ed insomma qualche sorriso ironico l’ho colto; il bello è venuto all’uscita.
Due tedeschi confabulano e mi fanno qualche battuta sulle mie ali piumose di nuovo sotto braccio, dopo averle indossate con estrema convinzione per tutta la cena, pronta ora ad infilarmi il cappotto. E’ più forte di me, di quella spontaneità italiana che per l’appunto contraddistingue anche me, mista a quel mio personale pizzico di ribellione, così mi arrischio nel mio tedesco sgangherato, tentata proprio dalla loro domanda: “ Sind Sie ein Engel ?” [ “E’ un angelo ?”] cui rispondo: “Stimmt ! Leider bin ich vom Himmel gefallen…” [“Certamente, putroppo sono caduto dal cielo…”]…i miei interlocutori strabuzzano gli occhi e rimangono interdetti… Dal canto mio pensavo e speravo che fossero così smart da capire l’allusione al celeberrimo film: “Il cielo sopra Berlino” ed alla caduta tanto metaforica, quanto “reale” dell’angelo Damiel, che così diviene mortale per amore di una trapezista…ma nulla, “zero carbonella”, come si dice a Roma. Inutile spiegare, meglio virare su altra battuta: “…ein bisschen Lust, bitte…es regnet seit einer Woche…” [“…un poco di divertimento, per favore…piove da una settimana…”], stavolta annuiscono…il meteo é sempre argomento di esiziale e prussiana concretezza… così rispondono: “Ja, im diesen grauen Wetter…” [“Già con questo tempo grigio…”]. La discussione è rientrata nei ranghi ed io entro un po’ sconsolata di nuovo in auto con tante idee e sensazioni che mi frullano in testa.
Cosa mi posso aspettare? Avete fatto caso al successo nelle scuole materne tedesche dei travestimenti da pirata ? Al netto dei personaggi di Walt Disney è una costante a queste latitudini: l’idea romantica di die Piraten impazza meccanicamente in barba al concetto di politically correct, secondo il quale non si possono portare armi giocattolo a scuola, perché la Germania ripudia la guerra. Volendoci tuttavia soffermare su questo concetto, non posso fare a meno di considerare che sono proprie del nostro vocabolario italiano espressioni con accezioni negative del tenore:
- “pirata della strada“;
- “pirateria informatica“;
- “comportamento piratesco“;
- “pirateria somala“, questa tristemente nota per i fatti occorsi ad una nave italiana nel 2012…
Con buona pace della fairness i bimbi vengono travestiti in serie da pirati…é forse la maschera più venduta anche da Rossman, insieme a quella da poliziotto. Mi ricorda quella “meravigliosa” contraddizione nell’ecologica Germania, per la quale si fa strage a Natale di Tannenbaum, poi abbandonati ai primi dell’anno rinseccoliti dai caminetti casalinghi ad ogni angolo di strada…amen !
O forse i tedeschi vogliono esorcizzare il proibito, l’illegale per antonomasia, qui il pirata ?! Mircea Eliade, studioso rumeno di storia delle religioni, interpreta il Carnevale come “un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi (anche Arlecchino ha una chiara origine infera). Le anime, per non diventare pericolose, devono essere onorate e per questo si prestano loro dei corpi provvisori: essi sono le maschere che hanno quindi spesso un significato apotropaico, in quanto chi le indossa assume le caratteristiche dell’essere ” soprannaturale ” rappresentato.“.
Ecco forse il senso del proverbio italiano “Carnevale guarisce ogni male“, anche quello per cui nella quotidianità molte persone si nascondono con varie maschere e forse in questo periodo “svelano” il loro vero volto e così il predetto verbo virgolettato è speculare al verbo verkleiden (“mascherare”, ma anche “travestire”), dove il prefisso o “particella aspettuale” “ver-“ deriva dall’avverbio “vor” (“prima, davanti, per, soprattutto”): “… è una particella che modifica l’aspetto del verbo: contribuiscono ad indicare per esempio se il verbo esprime una durata, un’azione puntuale, un’azione o un evento che si concludono completamente… é prefisso transitivizzante, che implica nella maggior parte dei casi l’attribuzione di un valore peggiorativo al verbo, o quantomeno un’evoluzione.” (Sabrina Bertollo, germanista).
Autore: Violetta
DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli