Lunedì mattina ho incontrato l’attore italiano Alessandro Borghi presso l’Audi Lounge situata di fronte al Palazzo della Berlinale. Alessandro è stato invitato come European Shooting Star alla Berlinale 2017 insieme ad altri nove attori selezionati in tutta Europa da un’apposita giuria. Dopo una gavetta televisiva Alessandro è arrivato al cinema d’autore recitando in film indipendenti come Non essere cattivo di Claudio Caligari, bellissimo film del 2015 che lo vede protagonista assieme a Luca Marinelli e che gli è valso il premio NuovoImaie Talent Award come attore italiano esordiente, il Ciak d’Oro come rivelazione dell’anno e la candidatura al David di Donatello come attore protagonista; poi Suburra di Stefano Sollima, per cui ottiene una seconda candidatura al David come attore non protagonista, Il più grande sogno di Michele Vannucci, giovane regista ospite anche lui qui a Berlino tra i Berlinale Talents, e film non ancora usciti, come Fortunata di Sergio Castellitto, prossimamente nelle sale italiane e il film per la tv Dalida di Liza Azuelos, in onda questa sera in anteprima mondiale su Rai 1 in cui Alessandro interpreta Luigi Tenco.
Siamo sei sette giornalisti, tutti italiani. Alessandro arriva e si siede con noi. È un’intervista collettiva. Cominciamo a chiacchierare in maniera informale.
– Come stai vivendo questa Berlinale nella veste di European Shooting Star? Cosa fai tutto il giorno?
È un’esperienza enorme. Molto bello ma anche faticoso. Tanti impegni, tante interviste. Stando qui mi rendo conto che stiamo vivendo un momento di globalizzazione cinematografica che dà speranza non solo a me, ma a tutti gli attori italiani. Sto studiando ed approfondendo l’inglese, qui tutti lo parlano perfettamente. Oramai è impensabile pensare di lavorare nel mondo di oggi senza l’inglese. Noi italiani dovremmo essere più internazionali. In tutta Europa si lavora con i video tape, da noi non così tanto. Parlando con i colleghi sono rimasti stupiti quando spiegavo loro che per fare l’attore in Italia devi vivere a Roma. Non lo capiscono…
– A proposito di esperienze internazionali. Hai girato Dalida in Francia, in onda oggi 15 febbraio su Rai1, interpretando Luigi Tenco. In che lingua lo hai girato e che tipo di esperienza è stata lavorare in un film francese?
Purtroppo ho recitato in italiano, e spero di non essere stato doppiato in Francia, perché io odio il doppiaggio. È stata una bella esperienza che però mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca in quanto la mia è solo una partecipazione, il film gira intorno a Dalida ed ai suoi uomini. E quando ho iniziato a studiare e ad immedesimarmi nella parte avrei voluto girare un film di sette ore su Luigi Tenco…E invece mi sono dovuto accontentare. Però è stata un’esperienza importante per me: il mio primo set internazionale, il mio primo film con un budget di quattordici milioni di euro. Noi in Italia ci facciamo quattordici film con quella cifra, e magari pure belli. E poi la cosa incredibile è che il piano di lavoro in tre mesi non è stato mai cambiato.
– Hai cantato?
Io ho cantato durante tutta la preparazione e durante le riprese, poi per fortuna hanno preso i diritti di Luigi Tenco e quindi si sentirà la sua di voce. E la cosa bella è che la famiglia di Tenco ha deciso di darci i diritti dopo aver visto il mio girato. Per me è stata una bella soddisfazione.
– In quale Paese ti piacerebbe lavorare?
Ovviamente gli USA. Però negli ultimi anni tanto cinema nel mondo si è avvicinato al cinema americano, ai suoi standard, e non so se questa omologazione sia un bene o un male. Io in realtà cerco di guardare film da tutte le parti del mondo. Forse l’unico cinema in cui ho delle lacune è proprio quello tedesco. Lo conosco poco purtroppo, anche perché da noi in Italia non arrivano molte pellicole. Ora mi sto avvicinando al cinema europeo in generale e stare qui mi stimola a guardarmi intorno. Mi rendo conto che nel resto d’Europa c’è più mercato. Penso al film Dalida con i suoi 14 milioni di budget… Noi abbiamo tanta qualità nel nostro cinema, tanto talento in molti reparti eppure investiamo poco denaro. E a volte è frustrante. Film come per esempio Il più grande sogno di Michele Vannucci, film indipendente che abbiamo coprodotto noi, tutti assieme, e portato in giro per il mondo. Un film bellissimo, eppure non lo ha visto quasi nessuno, perché magari vengono distribuiti cinepanettoni in centinaia di sale e non c’è una vera possibilità di scelta per lo spettatore. Fino ad ora ho fatto soprattutto film indipendenti, fatti con il cuore e con l’amore per il progetto, e ne sono molto fiero. Non ho mai fatto qualcosa solo per i soldi. Potrebbe essere un problema dover fare un film che non ti piace solo per il denaro.
– Ti è mai capitato?
No, per fortuna no, e credo che non mi capiterà.
– Tu ti senti un po’ cambiato? Dopo questo successo così repentino degli ultimi due anni?
La mia vita è rimasta esattamente la stessa. Poi a me non mi fermano molte persone per strada, il mio impatto mediatico è ancora gestibile. Quindi vivo la mia vita molto normalmente. Mi ha fatto effetto invece trovare dieci tedeschi sotto l’albergo l’altra sera…proprio non me l’aspettavo. Faccio l’attore da dodici anni, da quando ho 18 anni. Ho fatto una gavetta, e questa ha portato a dei risultati e ne sono felice.
– Tra i ruoli che hai interpretato fino ad ora, ce n’è uno a cui sei più legato, che ti è rimasto dentro?
Vittorio di Non essere Cattivo. Senza ombra di dubbio! Io amo tutti i film che ho fatto fino ad ora, ma lì sono stato circondato da talmente tanto amore …È stato un film che non solo ha cambiato la mia carriera di attore, ha cambiato me come essere umano. Claudio Caligari (morto subito dopo la fine delle riprese) mi ha trasmesso l’amore per questo mestiere. La vera tragedia della morte di Claudio è che noi non possiamo più usufruire della sua persona.
– Cosa è il vero cinema per te?
Allora…io non vado al cinema per ridere, forse perché per fortuna rido tanto nella vita. Io sono felice come spettatore quando vado a vedere un film e ne esco disturbato, e poi magari ci ripenso per due giorni. E in generale difficilmente mi capita di pensare ad una cosa che mi fa ridere per due giorni. Al contrario mi capita di pensare a lungo a cose che mi fanno piangere. E la soddisfazione nell’interpretare ruoli che toccano il fondo è la stessa che provo come spettatore quando guardo recitare certe parti. Una domanda che mi è stata fatta molto in questi giorni è stata: “Quali sono i tuoi tre film preferiti?”. Domanda a cui è impossibile rispondere. Ne ho nominati comunque tre: “Her”, di Spike Jones, “Blue Valentine” di Derek Cianfrance e “Interstellar” di Christopher Nolan, tre film molto diversi ma che mi hanno demolito. Durante la scena della libreria in “Interstellar” non riuscivo a respirare. Anche “Blue Valentine” è un film meraviglioso: solo due attori, scrittura impeccabile, macchina a mano…questo è il vero cinema. Non ci vuole molto di più. Riguardo ad “Her” come attore Joaquin Phoenix mi fa impazzire, e infatti lui è matto…(ride)
Continuiamo a fare domande ad Alessandro. Ci parla della sua infinita ammirazione per Di Caprio e per Daniel Day Lewis, per Nolan regista. E finiamo a parlare del dialetto romanesco. Una collega gli chiede se non ha paura di venir considerato solo come attore “romano”. Alessandro ci risponde che in fondo l’italiano non esiste, nessuno parla in italiano perfetto nella vita. E Il dialetto, qualsiasi dialetto in qualsiasi Paese, come veicolo della veridicità delle emozioni è più diretto. Alla fine ci interrompono, il tempo è scaduto. Peccato. Lo ringraziamo e ci salutiamo.
E lunedì sera durante una bellissima cerimonia a cui ho assistito i dieci giovani attori europei hanno ricevuto sul palco del Berlinale Palast l’European Film Award dalle mani dell’attore britannico Timothy Spall, tra i protagonisti di The Party di Sally Potter, una delle pellicole in concorso al Festival.
Autore: Barbara Ricci