Arriva un bel pezzo di cinema italiano alla Berlinale 2017. Presentato oggi nella sezione Panorama Special Call me by Your Name, il film del regista italiano Luca Guadagnino, regista di pellicole come “Melissa P.” del 2005, “Io sono l’amore” del 2009 e “A Bigger Splash” del 2015. La pellicola, scritta da Guadagnino stesso assieme al grande regista inglese James Ivory e a Walter Fasano, che cura anche il montaggio, racconta la storia d’amore tra il diciassettenne Elio (Timothée Chalamet) e il giovane Oliver ( l’attore californiano Ermie Hammer).
Ambientato nell’estate del 1983 in campagna, nel nord Italia, nella villa della famiglia colta e cosmopolita di Elio. Il padre (Michael Stuhlbarg), archeologo, e la madre (Amira Casar) accolgono in casa per l’estate il loro giovane e attraente amico americano Oliver, e tra pranzi bucolici, nuotate nei laghi e passeggiate in bicicletta nasce pian piano l’attrazione tra i due. Elio all’inizio del film definisce se stesso e i propri famigliari come “ebrei, americani, italiani, francesi”, e infatti i personaggi nel film sono poliglotti. Elio parla con la madre in francese, col padre e con Oliver in inglese e in italiano con i domestici e gli amici del luogo.
Tratto dal romanzo dello scrittore André Aciman, presente alla conferenza stampa, la pellicola vuole essere una trasmissione di conoscenza, ci spiega Guadagnino, il quale si augura che venga guardato da generazioni diverse. Infatti è fondamentalmente un’iniziazione sentimentale quella che ci mostra il regista, con riferimenti illustri come Bertolucci e il Renoir di “Partie de Campagne”, autori che Guadagnino stesso afferma di considerare suoi maestri. André Aciman, nato e cresciuto tra Alessandria d’Egitto e Roma e poi trasferitosi diciottenne con la famiglia a New York, dove vive dal 1969 e dove insegna, ci spiega come il suo libro, pubblicato in Italia da Guanda nel 2008, sia stato influenzato dal romanzo di analisi francese con le sue fini investigazioni psicologiche. Non a caso egli è un esperto a livello accademico delle opere di Marcel Proust. Lo scrittore statunitense ci tiene a precisare che le emozioni e i sentimenti da lui descritti nel romanzo “sono universali e non legati a circostanze specifiche- una storia d’amore e basta, al di là dei contesti politici ed economici”.
Luca Guadagnino sottolinea invece, rispondendo alla domanda di un giornalista, che il suo è un film ambientato nel 1983, all’avvento del craxismo, in un momento che lui considera come la fine dei meravigliosi anni ’70, e come l’inizio del conformismo degli anni ’80, conformismo che è solo all’inizio e di cui quindi i suoi personaggi sono -per fortuna- ancora esenti. E dell’Italia rappresentata nella pellicola, egli parla di un Italia che purtroppo non c’è più. Il suo è stato un lavoro intuitivo, ci spiega ancora, senza uno scopo preciso se non quello di raccontare l’intimità in tutti i suoi aspetti, non solo sessuali. E infatti l’intimità e il bisogno di essa è una costante di tutti i rapporti interpersonali all’interno della storia. Anche tra i due genitori ed Elio vi è un’incredibile vicinanza emotiva, vicinanza che permette sia alla madre che al padre, che rappresentano la generazione di Guadagnino, di osservare ed accettare con rispetto e complicità il rapporto del figlio adolescente con il loro giovane ospite. Intimità e pudore, aggiungo io, nel raccontare la magia e la confusione che caratterizzano l’inizio di ogni storia d’amore vera. Il film è stato scritto nella cucina della sua casa a Crema, luogo in cui è ambientata la pellicola, insieme al regista James Ivory, che Guadagnino descrive come uomo di grande curiosità e generosità, e a Walter Fasano.
All’inizio avevano pensato ad un narratore omnisciente, alla Barry Lindon, ci confida, ma poi hanno deciso di delegare quel ruolo alla musica, musica che infatti accompagna e commenta le vicende interiori dei personaggi. Dalla musica classica, suonata al pianoforte da Elio, alla musica ascoltata dal regista nella sua adolescenza, dal Punk Rock fino a Battiato. L’estate del 1983 diventa per Elio l’estate della scoperta dell’amore e dell’eros, e del dolore della perdita poi. Bellissima la scena tra Elio e il padre verso la fine, momento di incontro tra generazioni diverse. Il film è stato molto amato dai giornalisti presenti in conferenza stampa. Bravi gli attori, sorprendente il giovane Timothée Chalamet (tra gli interpreti di “Interstellar” di Christopher Nolan).
Call me by Your Name, che tra l’altro è una delle frasi più belle del film, compete per il Teddy Award 2017. E noi non possiamo che augurargli di vincerlo.
Autore: Barbara Ricci