Ogni italiano all’estero, e in questo caso che vive in Germania, ha cercato almeno una volta qualcosa che gli ricordasse le proprie radici, imbattendosi spesso in imitazioni malfatte che hanno provocato un immediato senso di fastidio.
L’utilizzo di denominazioni, immagini e segni che evocano l’Italia, ma che in realtà nulla hanno a che fare con l’originale, viene denominato “Italian Sounding”. Tale fenomeno, che si aggira intorno ai 60 miliardi di dollari l’anno nel mondo, sottrae un’enorme fetta di proventi al mercato italiano, sia in termini di esportazioni che dal punto di vista turistico.
Negli anni ottanta fu introdotto il marchio distintivo “Made in Italy” per contrastare la falsificazione della produzione artigianale e industriale nei tradizionali settori, noti anche come “le quattro A”: abbigliamento, agroalimentare, arredamento e automobile. Tale marchio è garanzia di prodotti di altissima qualità e originalità, ma non è certo sufficiente per bloccarne la contraffazione.
In quest’ambito, la Germania si è dimostrata collaborativa, celere e reattiva. Emblematico è il caso di Colonia nel 2013: durante la fiera internazionale del settore agroalimentare, i Consorzi di Tutela del Formaggio Asiago, del Parmigiano Reggiano e del Pecorino romano hanno denunciato il tentativo di contraffazione da parte di una ditta statunitense. Le autorità tedesche hanno immediatamente ordinato il sequestro dei falsi, in coerenza con la legislazione nazionale e comunitaria a tutela delle DOP.
L’Italia, al contrario, resta ancorata a politiche obsolete e azioni flemmatiche. Sarebbero necessari, tanto per cominciare: una normativa nazionale più efficace; una rete di controllo più severa, soprattutto all’estero, magari stipulando trattati di collaborazione con altri Stati, anche fuori dai confini europei; la diffusione di una vera e propria cultura del prodotto DOP: il consumatore attento e informato dovrebbe essere in grado di distinguere l’originale italiano dai tentativi di falsificazione. Oggi ciò è possibile grazie all’app “Reliabitaly”: inserendo il codice del prodotto, l’app reindirizza l’utente sulla pagina web dell’articolo d’interesse. In tal modo, i consumatori possono scoprire immediatamente se un prodotto dichiarato Made in Italy lo sia realmente. È fondamentale aiutare il consumatore a scovare il giusto prodotto che, come la verità, è unico al mondo.
Per quanto riguarda l’export agroalimentare italiano, l’Italia negli ultimi anni ha registrato risultati positivi, ma rimane dietro a Francia e Germania. Questo rallentamento è legato alle dimensioni troppo piccole delle imprese italiane, incapaci di fare squadra contro la concorrenza estera. In tal caso si potrebbe seguire l’esempio tedesco, dotato di un grande progetto fieristico nazionale, e organizzarsi in grandi consorzi alimentari. L’unione può fare davvero la forza e la differenza.
Autore: Isaura D’Oria