PARTE I – IL LATINO NEL TEDESCO
Vuole un diffuso luogo comune che il tedesco sia fatto o di parole impronunciabili o di ululati nazisti. Per cui lo sfortunato che usi la parola “tedesco” in pubblico è spesso costretto a sorbirsi prevedibili “Heil Hitler!” con tanto di braccio alzato ed espressione da “adesso vado a conquistare la Polonia”, o perle di saggezza del tipo “il tedesco è una lingua dura”: io ho imparato a rinunciare a qualsiasi difesa d’ufficio perché è inutile cercare di smontare un pregiudizio sul suo stesso terreno. Come diceva, mi sembra, Oscar Wilde, lo stupido ti attira sul suo campo e ti batte con l’esperienza.
A lode del tedesco dirò che, a differenza del pregiudizio che lo vuole come una serie di sputazzanti sgraziati suoni, esso è una lingua melodiosa, fantasiosa e piena di sorprendente vivacità creativa: basta imparare a scoprirne l’interna armonia.
Come ogni lingua, il tedesco è fatto a strati che si sono formati nel tempo, impastati dalle vicende della storia e di coloro che di essa ne sono stati i protagonisti: tutte le fasce sociali trovano posto nella lingua, tutte le storie di vittorie, di sconfitte, di cambiamenti, di servitù e signoria trovano la loro eco nelle parole.
Quello che mi propongo di fare è una breve escursione nel retaggio del latino nella lingua tedesca. Ben prima della conquista militare romana, le popolazioni germaniche avevano assorbito sicuramente termini e radici latine (il latino, come il tedesco, sono lingue indoeuropee). Come si sa, i romani riuscirono –anche se per poco- ad avere ragione dei Germani (così già li chiamava Cesare); ben presto le popolazioni germaniche cacciarono gli invasori (Tacito dà –per bocca di un capo britanno, Càlgaco- una definizione feroce: “raptores orbi”, cioè “predoni del mondo”), che, loro malgrado, lasciarono tracce che tutt’oggi possono essere scorte: monumenti, strade, e parole. Di queste mi occuperò, lasciando al prossimo articolo le tracce germaniche nella lingua italiana (lo anticipo: sono moltissime).
Una precisazione: la connessione del latino con il germanico (nei suoi vari dialetti) è avvenuta per contatti più o meno pacifici e per contiguità geografica. Questi contatti risalgono a tempi ben anteriori alla conquista romana, tanto che gli studiosi parlano di “Lehnwörter” in questo caso: parole latine, cioè, completamente assimilate al sistema linguistico ospitante.
Ebbene: le relazioni tra latini e germani furono innanzi tutto commerciali, come attestano una serie di termini che i tedeschi sentono come proprie, tanto profondamente sono radicate.
Caupo, cauponis, oste, commerciante di vino. Perduto nelle lingue romanze, in quelle germaniche ha esteso il suo dominio e da nome è diventato verbo: kaupo>kaupon>kaufen
Cellarium, i, cantiniere > Keller
Calicem, calice > Kelch
Cuppa, coppa > Kopf (sul perché i tedeschi abbiano scelto questa parola per indicare la testa le illazioni sono molte: io mi limito a ricordare che “testa” in latino vuol dire “vaso”: il capo, quindi, come un ideale contenitore da riempire)
Pondus, peso > Pfund
Cista, cesta Kiste
Vinum> Wein
Acetum>*atecum>ezzik>Essig
(Via) strata, una via “distesa” (sterno, is, stravi, stratum, sternere) > Straße
Colonia, luogo abitato da coltivatori (dal verbo colo, is, colui, cultum, colere) > Köln
Caesar, passato da nome proprio di Gaio Giulio Cesare a titolo imperiale >Kaiser
Pilum, freccia; perduto nelle lingue romanze, resta in quelle germaniche >Pfeil
Confluentes (sulla confluenza di due fiumi) > Koblenz
Crucem, croce; entrato nelle lingue germaniche in un’epoca più tarda (come testimoniato dalla trasformazione della c in z > Kreuz
Censum, censo; anch’esso entrato dopo la cosiddetta “Lautverschiebung”, si trasforma in >Zins
A conclusione di questa breve passeggiata, vi lascio una curiosità: gli italiani, quando levano in alto i calici, fanno un “brindisi”; i tedeschi, dicono “Prosit”. Per una di quelle magiche alchimie linguistiche, “prosit” è il congiuntivo –esortativo, s’intende!- del latinissimo verbo “prosum” (sono a favori di), e “brindisi” NON è una quanto meno singolare invocazione alla città di Brindisi (scommetto che ce lo siamo chiesto: ma perché Brindisi?), bensì è la resa italiana del tedesco “Ich bring’s dir” (bicchiere, vino, fortuna, calci…a piacere).
Fonti: C. Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine
Autore: Giulietta Stirati