Non di rado, in un’epoca di frenesia, in cui tutto e tutti corrono, si sente il bisogno di staccare la spina e di ritornare alle origini. C’è chi sceglie permanentemente di andare a vivere in campagna perché ormai logorato dal tran tran cittadino, e chi vorrebbe farlo solo per un breve periodo per fare nuove esperienze, avvicinarsi alla natura e a diversi stili di vita. Chi pensasse di appartenere a quest’ultima categoria, dovrebbe forse mettere in conto di diventare un WWOOFer, ovvero un volontario entrato a far parte della rete WWOOF (World Wide Opportunities on Organic Farms).
Già dal nome emerge come l’esperienza sia globale: si può scegliere di passare un po’ di tempo, anche solo un giorno o perché no un anno, a lavorare in una fattoria del mondo che aderisca all’iniziativa. Qui non solo si instaurerà un contatto diretto con la natura, ma si avrà anche la possibilità di vedere da vicino come funziona la vita di campagna, com’è il lavoro nelle fattorie, a cosa bisogna prestare attenzione e soprattutto si svolgeranno diversi compiti insieme al fattore ospitante che vi spiegherà come poterlo aiutare. Oltre ad arricchire il vostro bagaglio personale, riceverete in cambio vitto ed alloggio per tutta la durata del vostro volontariato.
L’idea è nata nel 1971 all’inglese Sue Coppard, desiderosa di poter aiutare nei campi e di lasciare anche solo per il weekend la sua Londra. All’epoca ebbe inizio il “Working Weekends on Organic Farms”, ovvero per un weekend alcune persone aiutavano in una fattoria. Piano piano il successo dell’iniziativa crebbe: sempre più proprietari di fattorie dettero la loro disponibilità ad ospitare gli interessati in cambio di aiuto. Da fenomeno inglese si tramutò ben presto in offerta mondiale, con l’apertura di fattorie anche in Germania, Italia, Africa, America, Australia e in tutti gli altri paesi. Nel 2000 si tenne la prima conferenza internazionale WWOOF con le rappresentanze di 15 paesi. Fu in questo momento che si venne a creare una vera e propria comunità, un maggior senso di appartenenza, definendo chiaramente cosa significhi essere un WWOOFer, un WWOOF host (ovvero chi dà la disponibilità ad ospitare) e go WWOOFing (aderire e partecipare a questa iniziativa). Con l’aumento della richiesta e della durata del tempo trascorso nelle fattorie, il nome è stato cambiato in “Willing Workers on Organic Farms”, ma dato le implicazioni connesse con lo sfruttamento e il lavoro dei migranti in nero, è stato ulteriormente modificato in quello attuale, ovvero in “World Wide Opportunities on Organic Farms”. Oggigiorno il ruolo di quest’organizzazione è cresciuto e ne viene riconosciuto il suo contributo nel sensibilizzare le persone ad una vita sana con un’attenzione particolare verso il biologico.
È interessante notare come il WWOOF debba la sua espansione alla diffusione di internet, che ha consentito a molte persone di conoscere il progetto e di aderirvi (sia in qualità di ospitante che di volontario) e ha permesso di ampliare notevolmente la rete, aprendosi non solo alle fattorie biologiche, ma anche agli ecovillaggi, cioè comunità basate sulla sostenibilità ambientale.
Tutti i giovani (e non solo) possono partecipare al progetto, a partire dai 18 anni, e vivere così da vicino una realtà forse per loro nuova. Per una simile esperienza, in cui bisogna certo dimostrare un notevole senso di adattamento e spirito di avventura, si lavora però solo mezza giornata e poi si può godere in tranquillità del contatto con la natura e con la famiglia ospitante.
È possibile entrare direttamente in contatto con una di queste associazioni tramite il sito ufficiale http://www.wwoof.net/ oppure rivolgersi a delle agenzie specializzate che offrono anche questo tipo di soggiorni.
Tante sono le opportunità che vengono offerte in tutto il mondo che è quasi un peccato non approfittarne finché si è in tempo. Inoltre, le opportunità di crescita e le possibilità di ampliare la propria conoscenza del mondo sono davvero infinite: aderendo ad un simile programma sarà difficile che le proprie aspettative vengano deluse.
Avete partecipato ad un’esperienza simile? Lasciate un commento e raccontatecela!
Autore: Valentina Lo Iacono
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