Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra molti anni:
due strade divergevano in un bosco ed io –
io presi la meno battuta,
e questo ha fatto tutta la differenza.
Robert Frost
Il coraggio della libertà
“La scelta di Barbara” (in originale, “Barbara”) è un film del 2012 diretto da Christian Petzold (attori principali, Nina Hoss e Ronald Zehrfeld), premiato con l’Orso d’argento per la migliore regia e con la Lola (premio assegnato dalla Deutsche Filmakademie) al miglior attore e alla migliore regia.
Ho visto questo film accompagnata da una serie di sentimenti forti e contraddittori, quelli che sempre mi accompagnano quando mi imbatto e mi immergo nelle storie che riguardano la DDR. Ma, prima, in breve la vicenda: Barbara è una dottoressa che incontriamo in un piccolo paese della costa settentrionale della DDR, ivi trasferita da Berlino per un suo “peccato” (deduciamo dai dialoghi che si tratta di una richiesta di espatrio all’Ovest); indurita e chiusa al mondo –che per lei è fatto solo di nemici-, continua in silenzio a preparare la fuga che sta organizzando con l’uomo che ama (che vive all’Ovest); la vita però se ne infischia di quanto Barbara abbia sprangato le porte e le si presenta vestita della più bella e inquietante stoffa: l’amore; l’amore silenzioso e paziente di André, il suo collega, e quello disperato e trascinante di Stella, la ragazzina che non vuole più tornare nel “campo di rieducazione” e che strappa Barbara dal suo isolamento emotivo, costringendola a cambiare punto di vista. La crepa che l’amore per Stella apre nel cuore di Barbara lascerà che altri sentimenti vi filtrino: lei non solo rinuncia alla propria fuga –preparata nel dettaglio, tra rischi e umiliazioni- per offrire alla giovane ragazza una possibilità di cambiare vita, ma sceglie di dare alla propria, di vita, un altro significato, che consiste nel coltivare ed esercitare –nonostante tutto sia lì a dimostrarne il contrario- una libertà interiore nata dal coraggio di aprirsi all’amore.
Il film pone due questioni fondamentali, intrecciate fra loro ma ben individuabili: quella del nodo bene comune/libertà individuale e quella della scelta attiva. Sono questioni che coinvolgono l’essere umano nella sua dimensione politica e personale. La protagonista, piegata nelle sue aspirazioni dall’oppressione dello Stato che non considera i singoli come persone ma come elementi meccanici di un sistema la cui funzione è di perpetuare se stesso, si muove come una marionetta, ha cancellato dal suo sguardo e dal suo corpo ogni traccia di emozione (tanto che –ed è questa secondo me la scena più violenta del film- subisce senza quasi opporsi una umiliante e annichilente perquisizione corporale), e rifiuta le emozioni per difendersi. Barbara acquisirà scioltezza ed espressività nel momento in cui accetterà il rischio: non di fuggire, ma di rimanere, e provare a scardinare gli ingranaggi da dentro, e rivendicare il diritto a essere libera in uno stato che ha trasformato la libertà teorica in quotidiana imposizione e vessazione, che ha ridotto i cittadini a spiarsi l’un l’altro e ha fatto del sospetto il pane quotidiano. Le corse di Barbara in bicicletta sono prove per imparare a muoversi, come un pesce in trappola, alla ricerca di un varco. Ma, e qui arriviamo alla seconda questione, l’arma più potente in un regime che isola le persone fra di loro è la solidarietà: non quella dei proclami, dei bei gesti grandi, ma quella della quotidiana comune resistenza. André è un personaggio così, e nulla mi toglie dalla mente che Barbara si innamora di lui nel momento in cui vede con che cura coltiva le sue erbe aromatiche, con che contenuta e intensa passione le prepara la ratatouille. Attiva è la scelta di rischiare di avere un compagno di strada: perché ciò costringe a non rifiutare la realtà, ma a cercare in essa la scintilla. Stella, la giovane ragazza che trascina Barbara allo scoperto, è la miccia che accende il fuoco che Barbara teneva sopito dentro di sé. Quel fuoco illumina la notte e la fa decidere, senza rimpianto: non sarà mai libero chi si sente prigioniero dentro, e lei sta imparando ora la propria libertà, nel momento in cui pare invece che vi stia rinunciando.
Non è affatto un film sentimentale: l’amore traspare, nel suo nascere e poi crescere, da piccoli dettagli: sguardi, parole non dette, gesti minimi. Come dire: l’amore è un togliere, più che un aggiungere, e questo è il miracolo del film. E questo me lo ha fatto immensamente amare.
Autore: Giulietta Stirati