So che me ne pentirò, ma tutto sommato preferisco un rimorso ad un rimpianto. Spero di non urtare la sensibilità di alcuno. Se del caso, me ne scuso.
Diciamoci la verità: ha un po’ rotto le scatole questa tiritera della festa della donna, per la serie regaliamoci un sol giorno le mimose e poi la solita minestra…
Vado per esclusione, perché forse è l’approccio metodologico meno rischioso in questo campo minato…così evito di fare il panegirico sul confronto politica tedesca versus politica italiana: da una parte la cancelliera, dall’altra uomini, uomini e solo uomini, anche se a livello di cariche ministeriali -se ne deve dare atto doverosamente- si é recuperato da noi un po’ di terreno anche in importanti Dicasteri con la Severino allora come Guardasigilli o la Pinotti alla Difesa…
Quest’anno, in occasione dell’8 marzo, in Italia è stato addirittura dichiarato sciopero, tra cui quello dei mezzi di trasporto…una letterale catastrofe per una madre lavoratrice italiana con tutte le implicazioni sul far giungere la prole a scuola, tanto che una compagna di liceo ha ben stigmatizzato questo empasse con la sua bruciante ironia, whatsappandomi la seguente vignetta, che ha avuto il benefico effetto di una salutare risata mattutina (grazie Marzia !), perché infatti quella mattina lavoravo a Roma…
Prendendo quindi le distanze da raffinate disquisizioni di politica-economica, di recente sono stata colpita da una canzone, trasmessa dalla mia amata radio berlinese, “Radio Teddy”, di tale Max Giesinger, gloria locale, genere musicale melodico, una sorta di nostro Eros Ramazzotti. La canzone si intitola: “Wenn sie tanzt” (“Se (lei) balla”)
Ne ganz normale 50 Stunden Woche Heim kommen und erst mal für die Kleinen kochen
ist für sie ja kein Problem weil die Kids für sie an erster Stelle stehen…
Completamente normale dopo 50 ore lavorative a settimana
arrivare a casa
e per prima cosa cucinare per i piccoli
non è per lei un problema
perché per lei i bambini sono al primo posto…
Quello che mi colpisce di questa canzone non è solo il motivetto orecchiabile, ma il tema affrontato, sì via quasi un taglio psicologico della vita di una donna di oggi divisa tra la sfida lavoro e prole, peraltro sembrerebbe una famiglia monoparentale…anche questo tema di grande attualità.
Allora dentro di me vado alla ricerca di un equivalente in Italia e mi vengono in mente alcuni titoli di pur belle (in termini di melodie) canzoni dedicate alle donne cantate tanto da uomini, tanto da cantautrici:
- “Acqua e sapone” degli Stadio: “E’ strepitosa donna bambina…meravigliosa stramaliziosa…Non c’é una donna che ti perdona se tu la rendi più importante di te…“;
- “Donne al telefono” di Zucchero: “Donne in cerca di guai / Donne al telefono che non suona mai…“;
- “Quello che le donne non dicono” di Fiorella Mannoia: “Siamo così dolcemente complicate, sempre più emozionate, delicate, ma potrai trovarci ancora qui/ nelle sere tempestose portaci delle rose/ nuove rose/ e ti diremo un altro “s씓:
- “Hey bionda” di Gianna Nannini: “Bionda con quale bomba ?/ Bionda ci colpirai? / Bionda che sei una bomba/ Bionda che “specie” sei ?…/Sei tutta da disinnescare../ giuri con l’arma del rossetto…“
…e più non dico, perché “mi sono smontata”, come la panna…soffermatami così sui testi.
Meglio buttarsi su di un libro, che ho molto gradito, scritto da un’italiana, una donna ebrea ortodossa di Milano, già docente alla Bocconi e madre di numerosa prole, Gheula Canarutto Nemni, la quale mi ha letteralmente folgorata quattro anni fa alla sede di Roma dell’ADEI WIZO (Associazione Donne Ebree Italiane – Women’s International Zionist Organisation), dove teneva una conferenza in quella circostanza per trattare di economia ed etica legata ad essa.
Il romanzo si intitola “(Non) si può avere tutto” e ha come protagonista una donna in bilico tra famiglia e lavoro; affronta una realtà nostrana ancora piena di pregiudizi a riguardo ed un pò indietro rispetto all’Europa del Nord in tema di contributo paritetico tra i generi all’interno della società. L’ho trovato a tratti esilarante e comunque molto ironico, specie in un passaggio, ovverosia quando la madre del protagonista per sincerarsi delle intenzioni del futuro genero, sottopone alla di lui firma la seguente scrittura: “Io sottoscritto Nathan Stern mi impegno a fare in modo che la mia futura moglie, Deb Recanati, possa laurearsi. Dopo la laurea la aiuterò a trovare un lavoro adeguato alle sue doti. Il mio appoggio si esprimerà in tutte le forme possibili (alzarsi la notte per i bambini, assumere babysitter e donne delle pulizie, imparare a cucinare eccetra). Firma per accettazione“. La storia riporta che lui firmò e si impegnò negli anni a seguire…
Ecco, forse, a qualsiasi latitudine geografica sarebbe gradita una riflessione sull’aiuto che può esser dato ad una donna sia in una dimensione privata di coppia, sia in quella pubblica e sociale sul lavoro, tanto sposate, tanto singles, esse stesse spesso discriminate anche per non abbracciare il modello familiare o familiare tradizionale.
Che dire !? Che D-o ci assista! Ovviamente per chi ci crede..
Autore: Violetta
DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli