“Wenn sie nicht gestorben sind, leben sie noch heute” versus “Happily Ever After”

DSC_1648Il motto tedesco “se non son morti, vivono ancora oggi” mal si sposa con il detto italiano, e non, “E vissero tutti felici e contenti” proprio di tante romantiche fiabe, che si concludono spesso con un matrimonio.

Così per curiosità, zuzzurellando vicino casa, qualche tempo fa ho sbirciato nelle vetrine tedesche di negozi da abiti da sposa.  Vengo colpita da vari aspetti e da un abito in particolare…

…ecco qua, penso tra me, “hanno sdoganato la panza”: si tratta infatti di un grazioso abito da sposa in chiffon bianco, che scivola un gran bene su di una pancia tra il quinto ed il sesto mese…sic! Eh sì, perché i tedeschi, ottimi organizzatori e ligi al metodo, non potevano non prevedere tale evenienza. Anche da noi circostanza sempre più diffusa, cui abbiamo dato invece un tocco cd. romantico, chiamando i futuri pupi “figli dell’amore“…come poi se gli altri non fossero tali…
L’altro aspetto che mi colpisce è il prezzo, poche centinaia di euro, sino ad arrivare a modelli più elaborati in pizzo (sicuramente non di Cantù) per circa duemila euro; a voler proprio chiudere massimo tremila, ma -si badi- accessori inclusi, ossia scarpe, stola o scialle, eventuale coroncina…
Questa è la cosa più sconvolgente rispetto al business folle, a mio avviso, che c’é in Italia attorno agli abiti da sposa, a quanto mi dicono le mie amiche e conoscenti. Ricordo ancora nell’ormai nel lontano 2001 di aver intercettato una sposa romana disquisire sul “prezzo medio“, a suo dire, dell’abito: trattavasi di ottomila euro, un altro po’ stramazzo al suolo.

Ormai, inebedita di fronte alla vetrina, sono preda di ulteriori ricordi, come una conversazione con alcuni amici tedeschi, trasferitisi qualche tempo prima a Roma ed originari di Monaco, città notoriamente più ricca rispetto a Berlino. Ad un certo punto la mia bionda amica osserva che non capisce come in Italia si possano spendere patrimonii, anzi chiedere dei mutui bancari, per sposarsi…annuisco, non capisco nemmeno io e pochi attimi dopo sbuca da una stanza, brandendo un abitino bianco, simile ad un prendisole da spiaggia di Zara o H&M e mi dice che quello era stato il suo abito da sposa…poi la batosta finale in un impietoso, quanto talvolta veritiero: “trovo di gusto un pò provinciale tutto questo dispendio di denaro“.

FeuerbackSenza entrare ulteriormente nel merito di scelte personalissime sull’utilizzo del denaro in simili circostanze, devo dire che ciò che più mi colpisce, ascoltando i discorsi attorno all’argomento delle mie connazionali è la sacralità e la specialità dell’evento, con frasi del tipo: “il più bel giorno della mia vita”, “essere la protagonista per un giorno“, “voglio essere la sua principessa, anzi la regina“…”lo devo stupire, deve rimanere a bocca aperta“, “…é un modello della famosa stilista…“.

Sono perfettamente d’accordo sulla specialità e sacralità dell’evento, ma del rapporto con il compagno/a, cioè di questa speciale unicità, un po’ meno con ciò che ci gira attorno nel senso che dovrebbe rimanere un aspetto secondario, a mio avviso.

E così mi torna alla mente quel bel film della regista indiana Mira Nair, “Moonsoon wedding“, dove emergono conflitti generazionali tra gli sposi e le loro famiglie, tra modernità e tradizioni attorno all’evento matrimoniale.

Verso la fine il protagonista maschile dice alla futura sposa: “Il matrimonio è un rischio: una persona scelta dai genitori, una trovata in discoteca, che differenza fa?“. Dal matrimonio combinato dalle famiglie i due giovani protagonisti scoprono di avere effettivamente interessi ed aspirazioni comuni, nonché la consapevolezza nella predetta frase provocatoria che è comunque un rischio il matrimonio.

belliNon possiamo a priori sapere se vivranno felici e contenti…ma vale la pena provarci, ed impegnarsi, sempre, sperando che possano vivere bene ed intensamente a qualsiasi latitudine europea, asiatica e così via.

Ho scattato questa foto in Vietnam, attratta all’inizio proprio dai tipici colori benaugurali dell’abito della sposa in Oriente, rosso ed oro, poi ho assaporato i loro sguardi sorridenti, dolci, carichi di amore e speranza per un futuro, che ho augurato loro essere bellissimo e felice…

Autore: Violetta

DISSONANZE vuole essere una piccola rubrica ove parlare di alcune “divergenze” percepite da un occhio italiano a Berlino, contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui. Leggi gli altri articoli

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Violetta

Sono italiana e faccio su e giù tra Berlino e Roma dall'estate del 2014. Amo il mare, stare all'aria aperta, leggere ed imparare cose nuove, nonché viaggiare in compagnia. In BerlinitalyPost parlo di alcune "divergenze" percepite da un occhio italiano a Berlino; contrasti che potrebbero essere più formali che sostanziali, se si vuole essere europei e sintetizzare molteplici aspetti culturali, che convivono molto bene qui a Berlino.

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