Intervista a Pasquale Marchese

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Intervista a Pasquale Marchese, 38 anni, a Berlino da 14 anni. Ha fatto parte del gruppo fondatore di Berlinitaly nel 2010.

È un’uggiosa giornata berlinese quando incontro Pasquale per la nostra intervista. Puntuali prendiamo posto nel cafè e subito via di chiacchiera, parlando prima in generale, e poi entrando nel vivo con le consuete 10 domande del Berlinitaly Post…

Perché hai deciso di venire proprio a Berlino e cosa facevi prima in Italia?

In Italia studiavo Commercio Internazionale a Napoli e avevo messo in conto di fare un’esperienza lavorativa all’estero dopo la laurea. All’epoca ero fidanzato con una ragazza tedesca, proprio di Berlino, e la scelta del mio soggiorno è ricaduta in modo abbastanza naturale sulla capitale tedesca. Ci venivo già spesso prima del mio trasferimento definitivo e mi piaceva il fatto che fosse una città alla ricerca di un’identità, proprio come me in quel momento.

Raccontaci qualcosa della tua attività qui.

A Berlino lavoro da 10 anni nel campo dell’online marketing. I miei piani iniziali erano diversi, ma le prime esperienze lavorative in start-up tedesche e multinazionali americane mi hanno indirizzato in questo settore, all’epoca ancora pionieristico. Nell’agenzia in cui attualmente lavoro, mi occupo di performance marketing, cioè della promozione e sviluppo del fatturato di shop online, attraverso campagne mirate e il nostro network di affiliati, non solo sul mercato tedesco, ma anche in Europa, USA e Russia. I nostri clienti sono prevalentemente aziende italiane di primo livello nel settore della moda.

Com’è stato l’impatto con la mentalità tedesca?

Inizialmente non è stato molto positivo. Quando venivo in visita, spesso trascorrevo giornate da solo a studiare e mi mancava il fatto di poter scambiare quattro chiacchiere spontanee con qualcuno. Trovavo i tedeschi troppo schematici e formali. Superati però questi primi ostacoli, è andata molto meglio. Ho imparato ad apprezzare la possibilità di essere me stesso senza dovermi conformare. Per me alla fine, Berlino è stata una boccata d’aria.

La cosa di Berlino che ti affascina di più/ la cosa che sopporti di meno.

La cosa che più mi piace è la facilità di spostamento che qui si può avere. Pur essendo una città enorme, si può tranquillamente rinunciare all’auto. Ciò che sopporto meno, volendo proprio essere cattivi, è la sua mediocrità storico-artistica: la sua storia turbolenta e veloce, in parte giustifica e in parte sopperisce, alla mancanza di bellezza e alla monotonia paesaggistica.

La cosa che più ti manca dell’Italia/ la cosa che sei felice di aver lasciato.

Mi manca dell’Italia la spontaneità dei rapporti, vivere senza pianificare eccessivamente il futuro, ma soprattutto la vita quotidiana. Sicuramente mi dispiace aver lasciato la mia famiglia. Sono invece felice di aver evitato il precariato e di aver evitato lo stress che il vivere nelle città italiane comporta.

Qual è il tuo cibo preferito a Berlino?

Non c’è un cibo in particolare che mi piace. Mangio un po’ di tutto e vario tra le diverse cucine che è possibile trovare a Berlino. Apprezzo molto la cucina asiatica come quella thailandese o giapponese.

Qual è il tuo posto del cuore a Berlino?

Molti dei posti che mi piacevano purtroppo non ci sono più. Rimane però la Philarmonie, che trovo sia rimasta un posto magico e che per me ha sempre un certo fascino.

Cosa consiglieresti a chi sta per trasferirsi a Berlino?

È bene arrivare preparati. Sapere già un minimo di tedesco aiuta e si deve comunque preventivare un periodo assiduo di studio della lingua. Parlare solo l’inglese e non avvicinarsi pienamente alla cultura tedesca, alla lunga non è sostenibile. Soprattutto chi vuole rimanere qua per un po’, dovrebbe mettere in conto di imparare bene il tedesco, in modo da poter anche trovare un lavoro per il quale ha studiato e non squalificarsi: va bene fare la gavetta, ma con il tempo è bene anche ritornare nella propria dimensione e riuscire a fare quello che si desidera veramente.

Quale pregiudizio verso gli italiani dovrebbero abbandonare i berlinesi? E quale pregiudizio verso i tedeschi dovrebbero abbandonare gli italiani?

Premetto che sono contro tutti i tipi di pregiudizio. Comunque, i berlinesi dovrebbero smettere di pensare che gli italiani siano approssimativi e che abbiano poca voglia di lavorare. Mentre gli italiani dovrebbero smettere di pensare che i berlinesi, e i tedeschi in generale, siano freddi e calcolatori. Non è così, hanno solo bisogno di più tempo per aprirsi.

Tre cose da avere/essere per vivere felici a Berlino.

Aiutano a essere felici a Berlino un libro da portare in metro, una bicicletta in estate e mantenere sempre la propria identità, pur integrandosi nella società locale.

Autore: Valentina Lo Iacono

About The Author

Valentina Lo Iacono

Appassionata di lingue, letteratura e ogni aspetto culturale che possa essere definito tale. Ama viaggiare e dedicarsi alle attività collaterali che un viaggio comporta. Di recente ha maturato anche un forte interesse per la tecnologia, che le offre spunti interessanti per la stesura di alcuni articoli. Qualche anno fa è approdata a Berlino e ancora non se n'è andata. Quando non scrive qui, la trovate su Cocktail di libri, un blog dedicato alla lettura e a riflessioni sull'italiano.

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